Luoghi - radici sommerse

 

da Strappi e frazioni

(Libroitaliano, Ragusa 1977)

 

 

 Scintille

ricordi ricordi tardi tordi ingordi rimordi accordi scordi ricordi ricordi

Capitava a mio padre di affilare scalpelli
Nella sua tana dalla volta gobbata
– schioppata dimenticata – di falegname.
La mola girava e sputava scintille e io giravo
giravo a manovella, più forte, diceva
mio padre, più forte, e la mano sugli occhi.
Ma le scintille spulciavano l’aria
come pianeti finiti, o baciavano appena
il braccio, la fronte.
                                E se avessi potuto
Spillarne uno, uno,
                                 di quei momenti di lucefuoco.

Ci sono specie di giorni in cui succede
D’arrampare grani di sole, di sentire sul viso
Uno sfrigolio più acuto
Che preme e vorresti inchiodare
Stralunato e sordo al comando
Insistente mutourlante: gira, gira più forte!

 

gira gira gira giara giura ger-arca barca parca gira gira gerarchia

1980

 

 Crivelli e fratelli

Crivellava mia madre loglio e veccia nera
Con quella sua grata rosviolata
A raggi e cerchi magici pare-di rame,
che non bastava se le mani tra i grani
calava a spulciare granelli duri e muffe scure
                                                                         vogliose spore
d’infangare un poco quel pane cosìcaro.
E scuoteva e spulciava china sulla seggia
Fino l’occhio scavato a scovare              l’ultimo granessuno
                                                                 l’ultimo assassino.

O guarda come – il suo gesto mi dice – quante cacce minute e perdute
con giri e ranfi nella graniglia, per quel rosto impasto del tuo panebello
come non basta scuotere un crivello
né t’abbasta una falce o una macina-martello:
ché squartati nel fare fino al midollo
c’hai da salare occhimani di chi può dirsi fratello

1980

 

  Avanzi dimenticati

Questo sole s/fazioso e indolente
Anonimo punto fermo che non è un riferimento

La madia dolce come una patata
s’apriva di profumi unti, impasto
raffermo e cauto, materno lauto
di avanzi eterni, i più buoni, che il pane
sembrava già inebriato se morbido rito, e se
rinsecchito negli ultimi
della quindicina raccontava di favole
del nonno crocchiando tra i denti o
ammollato nell’acqua salata i pomodori
e il resto rifioriva come un canto fresco

Questo sole s/fazioso e indolente
anonimo punto fermo che non è un riferimento
illumina adesso colori e rockasioni
arlecchini e svarioni – proni – e macchinoni

E la frissora nera – come lo zinale nero
eterno di tutte le nonne di tutte le donne
del Sud di sempre nero disperato e
compunto, assunto dall’anarchia prima,
dal fascismo poi, tradotto e tradito –
nascondeva sempre qualche avanzo d’olio
profumato di pesce di peperoni di fame di un mondo

Questo sole s/fazioso e indolente
anonimo punto fermo che non è un riferimento
illumina adesso colori e rockasioni
arlecchini e svarioni – proni – e macchinoni
dalla Germania da Milano felici alla gran festa dei servi plasticati

(e quasi più allegre, in porcellana, le nonne nere brillano
su quei colori-fuori, splendori di un’attesa non arresa)

1981

 

La lingua tra i denti

La luna girando non berrà questo piombo
che la lingua curerà girando tra i denti
quasi un segno d’appuntamenti in un sogno
di tutte le notti (dove) chiacchierando privo
di questa stupida penna che la carta bucherebbe

Mi verrai incontro col tuo viso generoso e
quello scempio di corpo insanguinato    abbandonato
all’ignobile richiamo che t’ha lasciato là
carponi sull’asfalto

Chiacchierando mi dirai finalmente
che solo oltre    oltre
ci ospiterà la verità

Ah verità verità che hai sempre
così paura d mostrarti e vivi
                                             rintanata
come fossi una ladra    ma non sai
che qui ormai è tutto uno show
un bellissimo show dove i ladri
sono lustri e belli come il sole

(E) chiacchierando forando il tuo sguardo
di padre capace con un bacio
d’affogare i miei occhi   ti dirò che stupido
stupido destino a non darti mai
di rubare neppure una patata

Tu col viso rosso mi farai
e non fare il fesso
guarda come volo
                            come volo leggero
senz’ombra di piombo

aprile 1989

  

 

Misura

Pulita alba anima mia
costretta in questa gabbia costretta
di conti di pane di conti di carne e poi di auto
e poi

Alba fresca d’estati sonanti di zoccoli ferrati di ruote
ferrate di traini di voci squillanti coreografie
di un sogno pulito navigante incurante
su montini di sterco da te da te
che ritrovo l’incrocio iniziale di sporco
e pulito di candore e di afrori di
liscivia e lascivie di fraterni
odiosamori di filiali odiosamori
da te microcosmo lontano
puntofermo dal quale ho puntato sparato
i filmetti del tuo futuro
da te Bonefro che solo ora capisco
misura di tutte le cose

1990

 

Verso la piana

Verso la piana d’Ururi s’alzava
un sole urlante fra nubi fra
stagliate sfilacciate
                               all’inizio
un rosso d’uovo poi
divampante accecante
                                    come un dio
E s’inebriò al punto
che volle bersi d’un fiato
tutto il silenzio glaciato
filtrato nel tuo cuore

1990

 

 Qui e ora

Eravamo ragazzi un gruppo di ragazzi
che un abbozzo d’identità
una bottiglia di libertà
s’inventò qui
e che poi – via da qui –
cercò insieme
a fiaschi d’angoscia e
bottiglioni di solitudine
tutti gli altri tetrapak
piccolissimi grandissimi
danzanti oltre
                       ma
che qui    solo qui
trova ora
il posto e quel momento
della tenuta o del rifiuto
                                       quel vaglio e punto di sutura
che sarà la loro casa
o la loro morte

1994

 

 A Peppino Lalli
Il maglio

Maestro di magia nasceva ogni momento
un chiodo in fisso sulla fronte
un fiore diventava
tra fremori e allegria
ogni istante un trapianto
sulla fronte di ognuno
di noi cosìpieni
di vuoti affamati
di sogni di carne e
maccheroni in attesa
di chiodi e di fiori
piantati ogni momento
su ognuna delle nostre
fronti gli occhi a fulminar
ci/filmarci le grida tra i fiocchi azzurri e
rossi dei grembiuli neri
che facevano uguali
le pezze al culo e i vestititini belli
e Giovanni e Luigi e Gennaro che ora
tra le Americhe e il Mondo che fiamme
Iduccia e le altre ci soffiavano già
il rosso più rosso sulle guance e il cuore
già scoppiava qualcosa già scoppiava in mezzo
ai calzoni al bianco improvviso che bianco
di brachessine e coscine sotto i banchi e nel vento
di marzo
               E è quasi uno sfarzo
                                                ora
                                                       tra le Americhe e il Mondo
tra clamori e follie
ci affiora ogni tanto
un chiodo un fiore
bruciante sulla fronte
la memoria ci viene
di un maglio che maestro
di magia       testò       attenzio
né   guagliò   embè   che è   e
su il testone giù il testone
la bacchetta e le manone come
chiodi come fiori
           piantati marinai
                        su ognuno di noi 

1996