Paesaggio belvedere - Foto di Nicola Picchione

LA CODA

Non era di buon umore il maresciallo Morollo. Aveva ripetuto molte volte che non vedeva l’ora di andare in pensione e di essere stufo di quella vita metà militare un po’ da spia e un po’ da guardiano di pecore ma ora che mancava solo un mese, il pensiero di appendere per sempre la divisa lo infastidiva e rattristava, anche se la scelta dell’Arma era stata tanti anni prima quasi un dispetto più che una vocazione. Le vocazioni sono privilegio di pochi. Il padre voleva fare di lui un avvocato o un dottore ma lui aveva smesso di studiare al liceo classico e si era arruolato. Per essere autonomo e perché non gli piaceva studiare.  Ora che stava per andarsene,  aveva anche la sensazione – si potrebbe dire, a quanto è avvenuto dopo, la premonizione- che prima di andarsene avrebbe avuto rogne. La coda è l’ultima e la più difficile da scorticare, gli veniva in mente il motto che ripetevano i vecchi del paese. E lui ai detti antichi ci credeva. Questo pensiero gli tornava spesso alla mente. Benché si dichiarasse non superstizioso, finiva col grattarsi tra le gambe per scaramanzia. Se ne stava sul balcone della caserma in piedi a fumare la decima MS  ed era solo metà mattina. La pancia pronunciata appoggiata alla balaustra, si tirava i peli giallastri di nicotina dei baffi corti e folti. Osservava il panorama quasi ad imprimerselo nella memoria sin nei più piccoli particolari per portarselo nel ricordo  quando se ne sarebbe tornato al suo paese d’origine nel casertano. A sinistra il profilo della parte vecchia del paese, col campanile aguzzo e le case in controluce con i tetti illuminati dal sole già alto, degradanti verso la valle; di fronte la collina che sembrava di poter toccare allungando il braccio, col bosco di cerri in cima e i campi coltivati a grano in basso sin verso la strada che percorreva la valle affianco al ruscello. Ora il grano novello era di un verde tenero. A destra il lontano profilo dei monti appenninici tinti di blu striato in cima dai resti della neve. Era soprappensiero e non aveva sentito entrare ed avvicinarsi al balcone il giovane carabiniere che gli ripeté:

  1. Comandi, signor maresciallo.

All’inizio questo modo di annunziarsi del giovane Brondolin (praticamente un ragazzo passato dalla campagna veneta alla caserma) gli dava fastidio e gli sembrava troppo formale, poi  ci si era rassegnato quando aveva capito che questo ragazzo era sveglio, aveva idee precise e non era affatto servile.

  1. Che cosa c’è, Brodolino (inutilmente il carabiniere aveva tentato di ripetergli il suo cognome preciso).

-    C’è quella signora nera che insiste nel voler parlare con lei. E’ molto agitata e non fa che ripetere che è successa grande disgrazia.
    Il maresciallo gettò la sigaretta dal balcone, tossì con forza senza riuscire a liberarsi dal catarro che intasava i suoi bronchi, si raschiò la gola e ordinò di far entrare la donna. Aveva capito di chi si trattava, essendoci in paese una sola donna di colore: Nadine la badante della vecchia signora Cero. Era stata portata dal figlio della vecchia, un professore non si sapeva di che cosa che, si diceva, era stretto collaboratore del Ministro degli Interni.
     Nadine entrò in stato di agitazione, con affanno per come aveva corso. Il grosso seno, adagiato su un ventre altrettanto generoso, ritmava il respiro. Ripeté più volte con voce alta, alzando le  braccia sopra la testa:

  1. Grande disgrazia capo, molta grande disgrazia.

Il maresciallo la invitò a sedersi ma Nadine non lo ascoltava e annunziava come in una cantilena  la grande disgrazia che alla fine descrisse.
-     Sono uscita per spesa, questa mattina. Signora in poltrona a vedere TV. Tutto tranquillo. Sono andata al forno, poi al macello, poi…
-     Stamm’a sentì, a me nun me ne frega niente del giro che hai fatto. Voglio sapere che è questa grande disgrazia.

  1. Sì, è per questo che sono venuta, per dire grande disgrazia.

Nadine scoppiò a piangere. Tirò fuori un gran fazzoletto rosso e blu col quale si coprì il viso. Non le riusciva di parlare. Brondolin era dietro a lei che intanto si era seduta. Intervenne chiedendole col suo dolce accento:

  1. Vuole un bicchiere d’acqua?

Nadine non gli rispose. Respirò profondamente, si acquietò. Riprese:
-     Dopo spesa sono tornata a casa (finalmente ci siamo pensò il maresciallo, accendendo una sigaretta). Trovata signora a terra.
A questo punto Nadine scoppiò di nuovo in un pianto dirotto, coprendosi il viso col gran fazzoletto e ripetendo: Gesù, Gesù, Signore. Il maresciallo se ne stava seduto dietro la scrivania guardando ora Brondolin ora la serie degli eleganti calendari dell’arma appesi al suo fianco,  cercando di resistere alla tentazione di urlare a Nadine di smetterla di piangere e raccontare. Alla fine Nadine si calmò e disse:

  1. Signora morta.
  2. Non c’è nulla di male a morire ad una certa età, osservò il maresciallo. Aggiunse:

-    Tutti dobbiamo morire, prima o dopo. Se ricordo bene la signora aveva una bella età, aveva passato da molto gli ottanta anni. Una morte improvvisa, alla fine, è anche una bella morte, senza sofferenze.

  1. Uccisa, disse Nadine questa volta con un filo di voce.
  2. Che cosa stai dicendo? Urlò il maresciallo alzandosi e facendo cadere la sedia.
  3. Tanto sangue intorno a sua testa rotta.
  4. Ma tu che cazzo me raccunt, guagliò?

Il maresciallo quando si incazzava  si buttava sul dialetto.

  1. Brodolì, prendi subito la camionetta e avvisa il brigadiere.

In caserma rimase il piantone e in quattro partirono  verso la casa della signora Cero all’altro capo del paese.
Il maresciallo Morollo conosceva bene la signora Cero ( il suo cognome era Piazza ma tutti la conoscevano con quello del marito morto da anni che era stato prima giovanissimo podestà e poi a lungo sindaco del paese). Più di una volta lei aveva telefonato di notte allarmata da rumori che aveva sentito, sosteneva, in casa. Un paio di volte erano stati i vicini a chiamare, spaventati dalle urla della signora. Sempre falsi allarmi. La signora urlava tanto forte da essere sentita dai vicini benché la sua casa fosse isolata e abbastanza distante dalle altre da un grande orto e giardino. Era apparsa in preda a una crisi di nervi. Il dottore, chiamato dai carabinieri, dovette iniettarle un calmante. Il giorno dopo era andato lo stesso maresciallo a casa della signora che sosteneva di non ricordare nulla. Lui aveva interpretato quegli episodi come una sorta di grido di aiuto. A quell'epoca la signora viveva sola. Il suo unico figlio veniva ogni tanto da Roma. La signora aveva rifiutato di trasferirsi e vivere con la famiglia del figlio. Si diceva che non andava d'accordo con la nuora. Aveva anche rifiutato a lungo di avere in casa una donna che le facesse compagnia e si accontentava di una che veniva solo la mattina a fare le pulizie. Poi le sue condizioni erano progressivamente peggiorate. Era diventata sempre più irascibile, intollerante. Anche il suo aspetto sembrava peggiorato: ancora più magra, sul viso affilato e giallognolo risaltavano robusti peli neri sparsi sul mento pietroso e baffetti alla cinese. Quando il maresciallo andò da lei, dopo la chiamata notturna di un vicino, la signora non solo non ricordava quanto era accaduto la notte ma sembrava calma e pienamente cosciente. Era andata a trovarla  per riguardo al figlio ma anche per rendersi conto dello stato di cose. La signora era stata gentile e aveva voluto offrirgli un caffè.
      "La cosa più brutta della vecchiaia- gli aveva detto- è la solitudine. Più ancora che non contare più niente. Non meriti più rispetto, la tua opinione non conta più, ti trattano come una bambina. Ma la cosa peggiore è che resti sola".
      "Forse sarebbe meglio se andaste a vivere con vostro figlio. So che ha una casa grande…" azzardò il maresciallo.
      "Voi pensate che basta vivere vicino agli altri per non sentirsi soli? Vi sbagliate, maresciallo caro. E' peggio. Voi vedete intorno a voi gente che ha da fare, che vi passa vicino senza occuparsi di voi. Vi sentite ancora più sola e inutile anzi di intralcio. Nessuno chiede il vostro parere. Vi fanno pesare le vostre debolezze. Voi ci sentite meno ma non potete alzare il volume del televisore; voi avete freddo e vi dicono che si muore dal caldo; voi portate addosso inevitabilmente l'odore della vecchiaia che, scusatemi, è un misto di piscio, di cibo che vi cade addosso. Avete voglia a stare attenti e lavarvi. Se vengono gli amici di vostro figlio, vi fanno un salutino come si fa ai bambini e poi non esistete più per loro. Siete in un angolo e nessuno si ricorda  più di voi. E questo non è il peggio. Voi sapete che vostra nuora non vi sopporta che si vergogna di voi, del vostro modo di parlare dialettale, dei ragionamenti che magari tentate di fare e siete guardati con supponenza anche quando vi sforzate di celare le vostre idee  perché sapete che le ritengono sorpassate e tentate di essere moderna ammettendo per esempio il diritto alla piena libertà dei ragazzi anche se vorreste dire che è una porcheria che tornino a casa così tardi. D'altra parte non potrete mai riuscire a nascondere del tutto ciò che pensate. Una volta mia nuora mi sgridò perché chiamai serva la serva . Non esistono più servi, mi disse, non è come ai tuoi tempi. Avevo dimenticato che oggi è tutto falso, si pensa di cambiare la realtà cambiando i nomi. Ho sentito in televisione che il cieco non è cieco ma non vedente, il sordo non è sordo ma non udente, lo spazzino non è spazzino ma non so che cosa. Siamo diventati falsi, la realtà ci fa paura. Dobbiamo far finta che non esiste la povertà, non esistono i lavori umili.”
La vecchia si asciugò le lacrime che scendevano lungo i solchi del suo viso. Non era pianto, soffriva agli occhi che lacrimavano di continuo. Continuò:         
“ Siamo servi quanto e più di prima però dobbiamo illuderci del contrario. I vecchi oggi si chiamano anziani ma  non vengono rispettati come una volta quando erano chiamati vecchi. Sono un peso. La loro esperienza non serve perché oggi non conta il passato e non conta il futuro. Si vive alla giornata e i vecchi non hanno posto. Farebbero meglio a eliminarli. Una puntura magari passata dalla mutua e via. No, caro maresciallo, meglio rimanere soli anche se ogni tanto ti prende lo sconforto e ti metti a urlare contro tutti a cominciare dal padreterno che non ti manda il sonno eterno. Quando uno non serve più dovrebbe sparire. Tutti, onesti e disonesti, buoni e cattivi. Alla fine sei solo un vecchio, un inutile peso".
Il maresciallo evitò di risponderle. Non gli sembrò per nulla rimbambita. A dire la verità -pensò- certe affermazioni della vecchia erano passate anche per la sua mente. In seguito la signora era peggiorata. Cominciò a camminare con molta fatica poi le gambe non la ressero più bene e finì sulla sedia a rotelle.

   Mentre il maresciallo ripensava a tutto questo, arrivarono. La vecchia donna Carmela Cero – o, meglio, il suo corpo ormai senza vita- giaceva distesa sul pavimento della sala a pian terreno. Il suo corpo  sembrava poco più di un velo sul pavimento. Le braccia distese, la testa appena girata era circondata da una macchia di sangue ormai rappreso. Il maresciallo guardò quel viso scarno e rugoso sul quale risaltavano il naso adunco e le folte sopracciglia. La bocca era aperta, senza denti, un buco nero circondato da sottili solchi confluenti. La dentiera era poco più avanti affianco a un fazzoletto appallottolato.
Non lascia una buona scia, venne in mente al maresciallo. Quando era di fronte a un morto, non poteva fare a meno di chiedersi quale scia lasciasse il morto. Gli erano rimaste in mente le parole del vecchio Domenico, un contadino che aveva conosciuto quando era venuto per la prima volta, giovane carabiniere, in questo paese: “ Ognuno di noi quando se ne va lascia una scia di odore più o meno lunga ma destinata a finire in poco tempo. Qualcuno lascia una scia con buon odore molti con cattivo odore. Poi la scia finisce come una nuvoletta sfilacciata dal vento ed è come se uno non fosse mai esistito “. Il vecchio Domenico ci teneva a precisare, anche se non era necessario: “ Non si tratta di quell’odore che noi contadini ci portiamo addosso da quando cominciamo da piccoli a lavorare nei campi sino alla fine che deriva dal sudore che ci si secca addosso e finisce col diventare la nostra pelle invisibile, la crosta maledetta, acida e puzzolente del nostro lavoro. Parlo dell’odore che nasce dalle nostre azioni e dalle nostre parole”.
Donna Carmela non lasciava un buon odore. Era stata dispotica e riteneva che tutti dovessero lavorare per lei, quasi fosse un onore. Non aveva fatto che rimpiangere i bei tempi, quando la miseria che regnava nel paese le metteva a disposizione le braccia dei contadini e delle loro mogli e figliole che le lavavano la biancheria, gliela stiravano, le pulivano la casa in cambio di qualche manciata di farina o fagioli. Le era rimasta fedele la vecchia Rosina e quando lei morì non volle altre donne se non quella della mattina che - sosteneva la vecchia- faceva finta di fare qualcosa ma non guadagnava i soldi che prendeva e rubava in cucina. Poi, quando erano del tutto finite le forze, anche quelle della volontà, venne affidata a una giovane segnalata al professore da un amico, venuta dalla Puglia che però non accontentava la vecchia. Un giorno la sorprese dentro casa a parlare con uno sconosciuto.  Nunziatina- così si chiamava- dovette fare precipitosamente la valigia e andarsene su due piedi, senza nemmeno un giorno di preavviso. Il figlio non ebbe di meglio che mandarle da Roma Nadine che donna Carmela accolse con orrore (mai aveva visto una nera dal vivo) ma che seppe conquistare se non il suo cuore – che forse le mancava del tutto - la sua tolleranza.

  1. Attenzione a non toccare niente. Ora chiamo il Comando e poi si vedrà che fare.

Il maresciallo armeggiò sul cellulare con le sue mani grandi e grassocce aiutandosi con qualche parolaccia , spiegò che cosa era accaduto sottolineando che si trattava della madre del noto professor Cero. Poi comunicò al brigadiere :
-     Parte subito il capitano che avverte anche il giudice. Tu resta qua, io torno in caserma con Brodolino e poi torneremo appena loro arrivano. Non far entrare nessuno. Non si deve assolutamente toccare niente. Tutto deve rimanere com'è. Cerchiamo di mantenere segreta la notizia sino all’arrivo del capitano. Tu – si rivolse a Nadine- resta qui e non andare in giro. Più tardi risponderai alle nostre domande.

  1. Maresciallo, bisogna avvertire il figlio a Roma, fece presente lei.
  2.       Hai ragione, non possiamo aspettare. Però diciamo solo che la madre è morta in circostanze da chiarire. Per piacere- si rivolse a Nadine- dammi il numero di telefono. Lo chiamerò dalla caserma.

       Questa è la coda difficile da scorticare, pensava Morollo, lo sentivo che prima di andarmene doveva accadere qualcosa che mi inguaiava. Per anni è andato tutto liscio, controllo delle patenti, qualche ladruncolo, ragazzi che si drogano ma non creano problemi all’ordine. Ci mancava proprio un morto e per di più la madre di una persona importante che di sicuro romperà i coglioni. Non poteva accadere tra qualche mese questa faccenda?
    In piazza il vecchio farmacista si avvicinò alla camionetta che aveva rallentato costringendola a fermarsi:
-    Marescià ma come è successa la disgrazia?
-   Dottò ma come cazzo avete fatto a ….? Scusate ma abbiamo molta fretta. Arrivederci. Vai, Brodolì, e nun te fermà. Ci vediamo dopo, aggiunse rivolto al farmacista.
     Una delle cose che aveva dato sempre fastidio al maresciallo era che in questo strunz ‘e paese tutti sapevano tutto molto prima dei carabinieri.

     Arrivarono dal Comando il capitano, il giudice, il dottore e due della scientifica. Furono svolte le operazioni del caso, rilevate impronte digitali, scattate foto, misurate distanze. Fu disposta l'autopsia.
Nel pomeriggio ci fu una riunione in caserma per delineare le strategie da perseguire, come aveva detto il capitano, un tipo elegante che fece presente al maresciallo che al Comando erano colmi sino ai capelli di lavoro per indagini della massima importanza e lo invitò ad adoperarsi per raccogliere quante più notizie possibile, individuare eventuali sospetti. In pratica, avviare le indagini sul posto mentre la scientifica espletava i propri delicati compiti di ricerca che avrebbero richiesto un po’ di tempo. Il maresciallo sarebbe stato informato tempestivamente dei risultati compresi quelli relativi all'autopsia (ma che cazzo vogliono scoprire a tagliare la vecchia- venne in mente al maresciallo - oltre a confermare che le hanno  sfondato la testa).
-     Vedrà che riusciremo in breve tempo a chiarire tutto. Saranno stati ladruncoli sorpresi dalla vecchia., concluse il capitano. Il maresciallo tirò con più forza i peli dei baffi gialli di nicotina come neve bagnata dal piscio di un cane ( il paragone era di Nino Ricolo che era stato pescato senza patente e multato).

     La mattina successiva era una bella giornata di sole che il maresciallo avrebbe passato volentieri fuori uscendo con la camionetta con Brondolin a fare un giro nei piccoli paesi che dipendevano dalla sua Stazione  Invece dovette convocare Nadine per l' interrogatorio. Era ancora spaventata ma la sua voce era piuttosto calma. Era la prima volta che il maresciallo interrogava una persona di colore. Non posso nemmeno vedere se diventa pallida o arrossisce, pensò. Doveva evitare di spaventarla, sperando che avrebbe ottenuto qualche notizia utile per avviare l'indagine. La prese alla larga. Quando aveva cominciato a servire la signora (aveva detto: la vittima ma Nadine non aveva capito. Morollo si rese conto che doveva adoperare un linguaggio molto semplice e usare parole molto comuni). Brondolin verbalizzava al computer nell'angolo sotto i calendari. Dovette interrompere la donna che l'aveva presa ancora più alla larga di lui iniziando a raccontare che al suo paese era stata dalle suore che le avevano insegnato un po’ di italiano oltre a farne una cristiana e che avevano trovato un posto in Italia per suo figlio in una fattoria vicino Roma e per la figlia che era andata a casa del professore. Maria, cioè la figlia, aveva studiato dalle suore che le avevano dato quel nuovo nome visto che il suo era impronunciabile. Aveva preso un diploma. Era molto ben voluta dal professore. A questo punto il maresciallo la interruppe e cercò di venire al dunque.

  1. Tu a che ora sei uscita di casa ?
  2. Verso le 8
  3. No, senti per piacere non mi devi dire verso le 8. Cerca di essere precisa.

-     Io non guardato l'orologio ma quando sono uscita la signora era in camera sua con la TV accesa ed era cominciato da poco il telegiornale delle 8.

  1. Dunque la signora era in camera sua e non dove l’abbiamo trovata noi.

-     Io l'ho lasciata in camera sua.
-     E tu sei andata a fare la spesa. Mi dovresti indicare in quali negozi sei stata e con chi hai parlato in modo che noi possiamo verificare.
      Nadine alzò di scatto la testa che teneva leggermente piegata in basso. Fissò il maresciallo con due occhi che sembravano ancora più sporgenti e che brillarono umidi.

  1. Marescià, mi vuoi dire che sospetti di me?, domandò con un filo di voce.
  2. Noi non sospettiamo di nessuno per ora ma dobbiamo verificare l'alibi di ognuno

Nadine chinò la testa e cominciò a piangere.
-     Voi non vi fidate di noi. Voi ci giudicate male e sospettate. Finché noi facciamo comodo tutto va bene ma appena succede qualcosa noi siamo i primi a essere sospettati.

  1. Noi, chi?, chiese il maresciallo

-     Noi stranieri, specialmente noi neri. Anche se siamo venuti con le carte in regole. Io non sono mai stata clandestina, mia figlia mi ha fatto venire in Italia e mi ha tenuto a casa sua. E mia figlia non è mai stata clandestina. E' diplomata dalle suore che hanno apprezzato le qualità e le hanno trovato un posto in Italia. Il professore le ha affidato la casa e le figlie. Voi ci affidate quanto è per voi di più prezioso. Voi non ci affidate solo la casa ma i vostri figli piccoli e i vostri genitori vecchi. Li mettete nelle nostre mani e andate via. Noi puliamo la casa e la teniamo in ordine, laviamo i piccoli e i vecchi, prepariamo il loro mangiare, li vestiamo, parliamo con loro. Voi andate al lavoro o al cinema. E' vero, ci pagate e per noi è grande cosa poter venire qui, lavorare e mandare a casa danaro. Ma noi non vi diamo solo nostro lavoro. Noi diventiamo persone di casa, ci affezioniamo ai vostri piccoli e ai vostri vecchi. Quando, però, succede qualcosa siamo i primi ad essere sospettati.
-     Senti, per piacere, non farmi sentire in colpa. Io faccio il mio dovere. Non ho nemmeno pratica di ammazzamenti ma debbo fare questa indagine e tu sei l' ultima persona che ha visto viva la signora…

  1. Chi l'ha uccisa l'ha vista per ultima volta.

-     Hai ragione ma chi l'ha uccisa non ce lo viene a raccontare perciò… Brodolì non starai per caso verbalizzando anche questi discorsi?
-     No, signor maresciallo. Sono rimasto alla domanda: chi ti ha visto nei negozi dove sei andata a fare la spesa?

  1. Bravo.

Rivolto a Nadine  con voce  che voleva essere persuasiva  :

  1. Raccontaci chi ti ha vista

Nadine fece un racconto minuzioso, indicò le persone con le quali aveva parlato sino a quando verso le dieci era tornata a casa.

  1. La porta era aperta, immagino.
  2. No, marescià, era chiusa come l'ho lasciata quando sono uscita e come l'abbiamo trovata noi quando siamo andati insieme.
  3. Però non ci sono tracce di forzatura…
  4. Tu trova perché.
  5. Hai notato qualcuno mentre uscivi o là vicino hai visto qualche macchina o moto?
  6. Non ho visto nessuno.

Non ricavò lumi dall'interrogatorio. Sperava che almeno si riuscisse a capire come aveva fatto l'assassino ( o gli assassini) a entrare senza forzare la porta. Dovevano avere la chiave oppure essere abili ad aprire senza rompere la serratura. Ladri di professione che poi si erano trovati davanti la vecchia. Perché l'avevano uccisa? Solo per errore? magari perché la vecchia si era messa a gridare e presi dalla paura l' avevano colpita in testa in maniera troppo violenta. La dentiera vicina al fazzoletto appallottolato lasciavano pensare che avevano tentato di impedirle di gridare ficcandole il fazzoletto in bocca;  oppure con la volontà di ucciderla magari perché erano stati riconosciuti da lei? Queste ed altre domande frullavano nella testa del maresciallo. Nadine non poteva essere di aiuto, si rese conto. Inutile insistere. La mandò via, ripetendole di non allontanarsi assolutamente dal paese. Prima che lei uscisse, quando era già con Brondolin sulla porta, le chiese:
-      Dimmi almeno una cosa. Perché sei venuta sino alla caserma per denunciare l’accaduto e non hai telefonato?

  1. Non lo so. Certe volte dimentico le diavolerie che avete voi.

        Erano passati due giorni da  quella che Morollo riteneva la sua disgrazia, la brutta coda che si aspettava. Il paese era ancora tutto in subbuglio. La cronaca regionale del Tempo aveva dato ampio spazio al delitto. Il TG regionale aveva mandato un cronista che aveva interrogato vari paesani in piazza tanto per riempire di visi il servizio, ben sapendo che le risposte alle sue domande sarebbero state del tutto evasive. Il farmacista si era rivisto sullo schermo apprezzando la sua abilità nel parlare ( questo è un paese di gente laboriosa e pacifica, aveva detto, e nessuno si è macchiato di questo delitto. Qui regna l'onestà.) ma non apprezzando come era stato ripreso (ma guarda questi quanto mi hanno invecchiato, aveva detto alla moglie, ritenendo di non mostrare i suoi settant'anni e passa).
        Il maresciallo si fermò  in piazza. Aveva imparato che la piazza era il luogo meno utile per avere informazioni per un carabiniere. Quale stronzo vuoi che si metta a parlare col maresciallo per dirgli in piazza qualcosa di riservato ? Eppure non era mai riuscito a evitare quel tentativo quando aveva bisogno di sapere qualcosa. Era difficile che i paesani si fermassero a parlare con lui isolatamente. Lo avvicinavano, lo salutavano cordialmente, lo invitavano al bar ma sempre in due o più persone come a volere testimoni che  loro non facevano la spia. Il maresciallo salutò il farmacista che passava più tempo fuori che dentro la farmacia alla quale pensava la moglie più che lui. Erano buoni amici e spesso sedevano davanti al vecchio bar affianco alla farmacia. Avevano davanti tutta la piazza e potevano vedere chi passeggiava chi passava. Benché molto diversi fisicamente e nel carattere, avevano in comune la voglia di sapere che cosa accadeva in paese. Il maresciallo per mestiere, il farmacista per vocazione. Di solito sembrava non accadesse nulla di particolare ma sotto la calma apparente c’era spesso qualche notizia interessante. L’uno  sperava di sapere qualche novità dall’altro. Al maresciallo interessava sapere dei giovani che usavano la droga. Chi meglio di un farmacista, pensava, può conoscere certi fatti? Naturalmente si sbagliava e dal farmacista non aveva mai saputo qualcosa di interessante sulla droga. Don Nicola Rumo conosceva tutti e sapeva tutto di ognuno ma sapeva farsi i fatti suoi. La prendevano molto alla lontana come due cacciatori che si avvicinano con molta prudenza alla preda. Così anche quel giorno sedettero l’uno affianco all’altro davanti al piccolo tavolo rotondo. Ordinarono un caffè ( “questa volta gliel’offro io, non mettiamoci a discutere, per piacere” aveva detto il maresciallo)
-      Povera donna Carmela, disse con tono lamentoso il farmacista, una fine che non si meritava.
-     Non era una santa ma certo quella fine non la merita nessuno.
-     No, non era proprio una santa. Stava sullo stomaco a molti. Il figlio, però, il professore  è un’ottima persona oltre che importante. Ha provato anche a portare la madre a Roma lei però dopo un po’ ha voluto tornare in paese. Non si adattava alla vita di città e forse non andava molto d’accordo con la nuora. Ma chi può essere stato a commettere un’azione delittuosa simile? Naturalmente è solo una domanda retorica, mi guardo bene dal voler sapere da voi notizie che debbono rimanere segrete.
 -    Anche se volessi, non potrei darvi nessuna notizia. Per ora siamo al buio. Sono venuti i cervelloni dal comando e…

  1. Marescià, saranno pure cervelloni ma se ci sarà uno che scoprirà qualcosa quello siete voi. ( sia don Rumo che Morollo passavano dal voi a lei, quando parlavano). Questi vengono dalla città, si mettono in mostra ma poi sono gli altri, quelli del posto, che debbono pelare le gatte. Certo, tempo non ne avete molto. A proposito, quando comincerà il meritato riposo?
  2. Tra poco più di un mese, se Dio vuole.
  3.  Avete avuto sfortuna. Proprio alla fine…
  4. Io me lo sentivo. Mi ripetevo: chissà che succederà, la coda è l’ultima e la più difficile da scorticare.
  5. E voi la lasciate a chi vi segue, come un testimone nella staffetta.

-     Non è simpatico lasciare le cose incomplete, specie poi una faccenda come questa. Penso spesso che quando sarà la mia ora di andarmene (dico per sempre, non tra poco in pensione), vorrei lasciare tutto a posto anche i cassetti . Ma si rimanda sempre a mettere ordine nel cassetti e nella propria vita…
       Bevvero il caffè. Il maresciallo accese un’altra MS. Don Nicola non fumava.
-     Dottò, mi dovete togliere una curiosità. Innanzitutto mi debbo ancora scusare con voi per il modo sgarbato che ho usato verso di voi quando l'altro giorno stavamo tornando in caserma…

  1. Lasciate perdere, marescià, eravate nervoso, è naturale. Ma quale curiosità debbo togliervi?

-     Come avete fatto a sapere tanto presto quello che era successo? Lo sapevamo solo in quattro: due, la negra e il brigadiere, sono rimasti in casa della vittima, io e Brondolin ….
-     Marescià, non ho poteri magici. E' stata una cosa del tutto naturale. Quella mattina ho visto passare Nadine tutta agitata. Come sapete, la defunta donna Carmela faceva uso di varie medicine e Nadine veniva spesso in farmacia perciò ha confidenza con noi. A volte viene anche a dare una mano a casa quando può…quando poteva lasciare qualche minuto sola la vecchia. Ho detto a mia moglie che sarebbe bene se la prendessimo a casa nostra ora che è rimasta senza lavoro. Per concludere, a vederla così sconvolta, l'ho chiamata e le ho chiesto che cosa era successo. Come vedete, è stata una cosa naturale.
Rimasero in silenzio. Stava passando una ragazza. Pantaloni bassi, pancina in fuori.
-     Come sono cambiati i tempi. Una volta nemmeno le caviglie potevano mostrare le donne ed ora vanno con tutto fuori. Vi ricordate  quando arrivaste la prima volta qui ? Eravate un carabiniere giovincello…
-      Ero di prima nomina. Quando arrivai mi cascarono le braccia, ve lo confesso. Voi ricorderete come era questo paese…

  1. In fondo non mi sembra tanto diverso da allora…

-     Voi volete scherzare, suppongo. La strada non era asfaltata, polvere d’estate e fango d’inverno, coperta di merda di asini e muli, le case piene di animali , di persone e di mosche. Ma quello che mi colpì quando arrivai fu la vita non tanto degli uomini quanto delle donne. Tutte vestite di scuro, col capo coperto.
-     Tutta apparenza, marescià. Qui succedevano le stesse cose di altre parti. Ve lo dice uno che lo sa. Passavano con gli occhi rivolta a terra e magari facevano il giro per non attraversare la piazza come se fosse un luogo di perdizione ma poi per la testa pensavano a quell’affare come tutte. Non fidatevi delle apparenze. Del resto è inutile dirlo a voi che conoscete il paese meglio di me.
      La conversazione andò avanti per un po’, poi il farmacista fu chiamato dalla moglie ed il maresciallo rimase solo. Vide sul marciapiedi opposto Michele Canna detto il compagno filosofo. Da lui non poteva sperare di sapere novità. Era troppo interessato alla politica e alla filosofia per seguire le novità del paese. Interrotti gli studi dopo il liceo, viveva col padre. Campavano entrambi della misera pensione del vecchio in una casetta sporca e buia. Del resto, a Michele bastava poco, quel tanto per comprare vino e sigarette che gli levavano l'appetito, il Manifesto e qualche libro. Nessuno ricordava di avergli visto addosso altro vestito che quello che portava. Un cervello fino ma svogliato in un guscio maleodorante e vecchieggiante. Quando vedeva  Michele al maresciallo venivano in mente le parole scritte in vernice nera sul muro del vecchio mulino: Chi vuole non può e chi può non vuole. Michele affogava nel vino e nell’ ozio il suo cervello non comune. Si portava in giro la sua faccia tonda sulla quale troneggiava un naso rosso e carnoso sovrastato da un ciuffo rossiccio di capelli spioventi. Il maresciallo lo chiamò. Michele andò a sedersi vicino a lui.

  1. Vi posso offrire un caffè ?
  2. L'ho preso già. Magari prendo un bicchiere di vino bianco, mi tiene su.

Il maresciallo ordinò il vino. Michele ne bevve una metà, dicendo: alla vostra salute. Poi aggiunse:

  1. Maresciallo, so che siete molto indaffarato in questi giorni.
  2. Che ne pensate di quello che è successo ? Un paese così calmo e di gente perbene.
  3. Maresciallo caro, voi sapete che non bisogna fidarsi delle apparenze.
  4. Volete dire che dobbiamo cercare anche tra le persone perbene?

-     Non volevo dire questo. Solo che tutto quello che crediamo di vedere e di sapere è apparenza. L’avevano già capito i filosofi antichi. Non so proprio dove dovete cercare. Io sarei un pessimo indagatore. E voi sapete che queste faccende non mi interessano molto. Mi è del tutto indifferente se troverete o no l'assassino.

  1. Non riesco a capire. Mi sembra strano che una persona istruita e perbene come voi…

-     Vedete, maresciallo. Cerco di guardare ogni cosa da un punto di vista generale, i particolari non mi interessano. Per me il bene e il male sono tutti e due indispensabili. Di conseguenza, sono indispensabili quelli che fanno ciò che noi chiamiamo bene e anche quelli che fanno ciò che noi chiamiamo male. Non può esistere una medaglia con una sola faccia. Quelli che hanno inventato dio hanno dovuto inventare necessariamente anche il diavolo. La realtà non è altro che l'equilibrio tra il bene e il male. Il bene non avrebbe senso senza il male come la luce senza l'ombra. Perciò le persone disoneste sono necessarie come quelle oneste.
-     Io mi meraviglio… Il maresciallo lasciò in sospeso la sua meraviglia continuando a tormentare i suoi poveri baffi gialli.
-     Sono convinto che senza il male non esisterebbe la società la cui vita è un’alternarsi di rivoluzioni e controrivoluzioni. Ovviamente-  a questo punto Michele si interruppe, sorrise  dopo una lunga boccata di fumo. Finì il vino. Completò la sua osservazione:
-     Ovviamente lei non può essere d’accordo, lei rappresenta una delle due parti che combatte l’altra. Del resto, anch’io sto da una parte e combatto l’altra. E’ una specie di gioco, qualche volta pericoloso o addirittura tragico. E’ la vita.
-     Don Miché a voi piace scherzare mentre noi stiamo nei pasticci. Non mi venite a dire che per voi uccidere una persona è un particolare che non vi interessa.
-     Vi giuro che non scherzo. Con voi non scherzerei mai. Mi avete mai sentito raccontare qualche barzelletta sui carabinieri?

*****

   -    Pronto, maresciallo?
    Morollo rispose al telefono col suo solito respiro affannoso di forte fumatore quando doveva fare due passi per arrivare al telefono.
   -    Maresciallo, sono il capitano Pieri. Ci sono novità sul caso Cero? Capisco, non è facile. Nessuno sa, nessuno parla. Brava gente finché tutto va bene. Senta, non so se la cosa le farà piacere o no. Arriverà da Roma un tale, dal ministero degli Interni. Non ho capito bene che ruolo svolga. E' amico del professor Cero che vorrebbe sentire il parere di questo chiamiamolo esperto. Il professore ha detto che non è un poliziotto e ha assicurato che non interferirà nelle indagini. Ha solo pregato di informarlo sullo stato delle indagini e avere la pazienza di stare a sentire qualche suggerimento, se può essere utile. Ne ha parlato come di un esperto psicologo ricercatore e non so che altro, comunque un funzionario del Ministero degli Interni. Noi ne avremmo fatto volentieri a meno ma vogliamo dare soddisfazione al professore. Questi che vengono dalla capitale pensano di trovare degli ignoranti incapaci. Dovrebbe trattenersi solo uno o due giorni. Io la pregherei di starlo a sentire e magari di accontentarlo, veda lei come. Ripeto, si tratta solo di accontentare il professor Cero che anche lei conoscerà. Questo funzionario si chiama Tacconi."
  -     Ho capito, signor capitano. Faremo del nostro meglio. Questa brutta faccenda mi è piovuta addosso proprio alla fine..
  -     Lo so, maresciallo. Lei farà quello che è possibile, poi andrà a godersi la meritata pensione e qualche altro manderà avanti le indagini. Si starà a vedere. Intanto abbia pazienza con questo che viene da Roma. Dimenticavo di accennarle un particolare. Sembra che il professor Cero abbia insistito con questo esperto di esaminare con molta attenzione la lettera anonima che lui ha trovato in casa della madre e che ci ha consegnato. Se ricordo bene, quella scritta in quello strano dialetto è allegata al fascicolo.
            Il professor Cero aveva trovato in un cassetto del comò un foglio custodito in una busta che non recava indicazioni. Prima di ripartire l’aveva consegnato al maresciallo dopo essersene fatta una fotocopia. Sul foglio si leggeva una frase scritta a stampatello con caratteri incerti :

CRA  PSCRA PSCRILL  PSCROLL PSCRILLON O NATU  GGIORNO  TU FAI A FINE CHE TI MERITI BRUTA STRONZA

La frase non risultò chiara ma era evidente la minaccia. Il maresciallo l'aveva fatta leggere al farmacista che in un primo tempo rimase perplesso poi esclamò sorridendo:
-       E' chiaro. Vedete, marescià, voi non siete del paese ed è naturale che non potete capire ma io avrei dovuto capire subito quelle parole. Sono da molti anni in disuso ma tanti anni fa, prima ancora che io nascessi, erano usate nel nostro dialetto. La prima indica domani e viene dal latino cras. Qualche vecchio l'adopera ancora. La seconda significa dopodomani, dal latino postcras; le altre sono del tutto scomparse da molti anni dal nostro dialetto. Le imparai da ragazzo da qualche vecchio. Indicavano i giorni successivi. In pratica, la frase dice: domani o dopodomani o il giorno successivo o quello ancora successivo o un altro giorno tu farai la fine che meriti. Dove l'avete trovata?.
      Il maresciallo spiegò all'amico, con la preghiera  inutile di tenere il segreto, che era stata trovata a casa della vittima. Il maresciallo assunse un'aria perplessa.
 -    Vi posso solo dire, aggiunse don Nicola, che chi l'ha scritta ha poca pratica di scrittura dialettale. Io un poco ne capisco. Vi faccio una confessione: tanti anni fa ho fatto stampare, a mie spese s'intende, una piccola raccolta di poesie nel nostro dialetto. Ho cercato di documentarmi per scriverlo nel miglior modo  e individuare alcune regole. Chi ha scritto queste parole non conosce queste regole.
      Il maresciallo aveva rimesso il foglio nel fascicolo senza dargli grande importanza.
      Tacconi si presentò il giorno dopo. Elegante, asciutto, con un viso lungo e pallido (andrebbe bene come direttore di un'agenzia di pompe funebri, pensò il maresciallo), fu subito antipatico a Morollo. Sul lungo labbro superiore che pareva separare più che unire naso e bocca erano attaccati sottili baffetti neri che sembravano incollati proprio sul bordo del labbro. Si scusò per l'intrusione, si presentò come esperto in indagini psicosociali  e funzionario del Ministero degli Interni. Dopo i convenevoli, entrò subito in tema.
-      Il professor Cero mi ha mostrato la fotocopia di un foglio con una strana frase. Anche se non tutte le parole erano comprensibili, appariva chiara la minaccia. Il professore ha telefonato a qualche amico di questo paese ed ha inviato non so a chi un fax con la frase. Non è stato difficile capire anche le parole per noi oscure. In pratica…
-       Le abbiamo capite anche noi, dottore, lo interruppe il maresciallo.
-       Bene. Noi abbiamo riflettuto a lungo su quella frase. Abbiamo preso sul serio la minaccia, considerato quanto poi è accaduto. Ho cercato di capire chi avrebbe potuto scrivere una frase del genere. Beninteso, non un preciso individuo ma le caratteristiche del personaggio per restringere la cerchia dei possibili autori. Si dovrebbe trattare di un soggetto con scarsa scolarità, piuttosto anziano (tanto, cioè, da ricordare quelle parole in disuso alle quali avrà fatto ricorso con un qualche scopo misterioso o proprio per indicare la provenienza  per così dire paesana della minaccia). Ho azzardato una ipotesi: che si possa trattare di uno che manca dal paese da molti anni. Chi si allontana da un posto per molto tempo senza tornare conserva il dialetto senza modifiche. In pratica, diventa depositario del dialetto vecchio, non subendo le inevitabili innovazioni dialettali che specie negli ultimi decenni con l'avvento della televisione hanno subìto una accelerazione.
-      Lei sostiene che quella frase è stata scritta da un emigrato, mi sembra di capire.
-      E' probabile. Da uno che manca da molto tempo. Il nostro soggetto dovrebbe corrispondere ad un'altra caratteristica: aver subìto - o essere persuaso di aver subìto- un torto o un'offesa dalla signora Cero.
-     Così, secondo lei, ci sarebbe la motivazione.
-     Appunto. Naturalmente, quella minaccia non è la prova che l'autore è l'assassino della signora ma è senz'altro indiziato. Inoltre, dovrebbe verificarsi un’ altra circostanza: che costui sia tornato in paese in questo periodo di tempo, cioè che fosse qui nel giorno dell’assassinio. Dopo essere giunti a queste conclusioni, il professore ha telefonato a qualche amico (ovviamente non so a chi) e gli ha chiesto chi potrebbe rispondere a queste caratteristiche. Gli è stato risposto che una sola persona risponde a queste caratteristiche: uno che è tornato circa tre settimane fa dal Canada. Per coincidenza, si tratta di una persona che prima di emigrare ha lavorato anche per conto della famiglia Cero e che sembra abbia avuto un grave litigio con la signora poco prima di partire. Lei sa nulla di tutto questo?.
        Al maresciallo sembrò che questa domanda nascondesse un rimprovero o qualcosa come: vedi quanto siamo bravi noi? Da lontano siamo arrivati a ipotesi abbastanza fondate. Tu sul posto che hai combinato? Mentre il funzionario esponeva la sua tesi, il maresciallo teneva il capo tra le mani con i gomiti appoggiati alla scrivania. “Questo qui è venuto da Roma per raccontare stronzate e si crede pure Maigret “
-       Le confesso- disse senza guardare Tacconi- che nulla di tutto questo mi è venuto in mente. Debbo aggiungere che la sua idea è molto brillante e denota la sua intelligenza e la sua capacità investigativa qualità che, lo confesso, io non ho. Mi sembra azzardato, però, accusare un emigrato tornato dopo tanti anni di un delitto sulla base di una frase che non si sa nemmeno chi l'abbia scritto e quando.
-      Noi non accusiamo nessuno. Noi partiamo solo da una ipotesi ragionata ma tutta da verificare. Lei sa di questo emigrato?.
-     L'ho visto in piazza e mi hanno spiegato di chi si tratta ma non ho parlato con lui. Me ne hanno parlato come di uno che ha cominciato da zero in Canada e ha fatto molta fortuna. Sembra che abbia varie fattorie, che commerci in formaggi ed è molto ricco. A me è sembrato il solito emigrante che torna ripulito, che veste come vestono gli americani. Ha offerto a molti, in piazza, sigarette e birra. Ho sentito uno che gli diceva: Peppì, sei partito magro e nero come un chiodo arrugginito e sei tornato tondo e rosso come una ciliegia.
-    Se lei è d'accordo, maresciallo, sarebbe bene invitarlo in caserma e scambiare qualche parola con lui.
-    E con quale scusa lo dovrei convocare?
-    Forse non mi sono spiegato bene e me ne scuso. Non ho detto di convocarlo ma solo di invitarlo per avere qualche informazione.
     Il maresciallo era arrivato a questa conclusione, durante il colloquio col dottor Tacconi: “A questo qui l’ idea gli deve essere sembrata proprio brillante. Ne ha parlato col professore il quale deve avere una pessima opinione di noi e lo ha pregato di venire qui. L'idea è stupida e non sarebbe venuta in mente nemmeno a uno scrittore di gialli alle prime armi ma visto il discorso del capitano mi conviene stare calmo e trovare una soluzione che non dispiaccia a nessuno". Rispose:
-     Vediamo di salvare capra e cavoli. Pregherò questo signore di venire in caserma ma solo in quanto conoscente della signora nell'ambito di una raccolta generale di dati conoscitivi .
      Joe Tanola ( meglio conosciuto in paese- da quelli che si ricordavano di lui- come Peppino‘o purcaro) si presentò il pomeriggio del giorno successivo. Quel giorno era andato in città con la moglie per fare spese, come precisò. Risaltavano la camicia a quadri rossi e bianchi sotto una larga giacca blu, un anello massiccio al mignolo destro un fermacravatta d’oro e un orologio d’oro al polso.
      Fu accompagnato da Brondolin nella stanza del maresciallo e fatto accomodare sulla poltrona di similpelle. Il maresciallo presentò il dottor Tacconi come un funzionario inviato dal Comando.
-     Le chiedo scusa per il disturbo che le arrechiamo, iniziò, ma lei potrebbe fornirci qualche informazione che potrebbe rivelarsi utile alle nostre indagini.
-     A quale proposito, signor maresciallo?
-    Lei sa che la signora Cero è stata trovata morta. Uccisa. Non sappiamo da chi e perché: ogni notizia anche piccola può aiutarci nelle indagini.
-    E quale notizia vi può dare uno che manca dal paese da cinquanta anni?
-    Sappiamo che lei ha lavorato per la signora, prima di partire, e sembra anche che abbia avuto un litigio con lei…
-    Ya, OK. E' vero. Roba di tanti anni fa che non ho mai dimenticato ma che considero passata. Non fui l’unico a litigare con la signora, anche se io reagii forse troppo. Fu lei a provocarmi.
Joe Tanola parlava lentamente e con uno strano accento diverso da quello di altri emigrati americani.
-    Vuole per favore raccontare al dottore e a me che cosa accadde?
-    Marescià, parliamoci chiaro: io che accidenti c'entro con tutto quello che è accaduto? Io metto piede nel mio paese dopo mezzo secolo e mi ritrovo chiamato in caserma davanti al maresciallo dei carabinieri e a un dottore del Comando. Può darsi che i tempi sono cambiati ma mi ricordo che quando uno era chiamato in caserma erano rogne. Tanto per essere precisi, io sono cittadino canadese.
-    Vede signore - intervenne Tacconi - noi abbiamo trovato a casa della vittima un foglio di minaccia. Riteniamo che sia stato scritto da uno che ritiene di aver ricevuto un torto o un'offesa dalla signora Cero. Abbiamo, perciò, il dovere di indagare.
-    Cosicché io sarei indagato…
-    No, signor Tanola - si affrettò a precisare il maresciallo - le garantisco nella maniera più assoluta che lei non è indagato. Io l'ho chiamata solo nel tentativo di ricevere un aiuto. Ne è prova che stiamo parlando ma non stiamo verbalizzando come avremmo fatto se fosse stato come lei pensava. E’ solo un piacere che ci fa a dedicarci un po’ del suo tempo. Se vuole, può andarsene anche subito.
-     Allora spiegatemi bene che cosa volete da me. Posso fumare? Quando divento nervoso debbo fumare.                   Tirò fuori un pacchetto di Rothman. Offrì da fumare. Il dottore dichiarò di non fumare, il maresciallo prese una sigaretta.
-     Ci racconti, intanto, che cosa accadde tanti anni fa tra lei e la signora Cero, intervenne il dottor Tacconi.
-     Io ero un ragazzo, avevo 16 anni. Da quando ne avevo 8 mio padre mi aveva messo a pascolare i maiali della gente. Noi avevamo solo un pezzetto di terra che non bastava per campare la nostra famiglia. Anche il sindaco, il marito della signora, ci dava i suoi due maiali da pascolare. Lui era un signore. A me qualche volta dava anche i vestiti vecchi di Tonino, voglio dire del professore che ora è a Roma ed è, mi hanno detto, una persona importante. Per non farla lunga, una sera nel riportare in paese i maiali mi accorsi che uno dei due della signora – il marito era morto da qualche anno- non c’era più. Sparito. Dopo aver riconsegnato tutti i maiali, portai nella nostra casa quello della signora e mi misi alla ricerca dell’altro, con mio fratello minore. Cercammo sino a notte. Non riuscivo a darmi pace. Non mi era mai successo. I maiali non si allontanano molto, da soli. Ebbi il sospetto che durante il giorno mi fossi addormentato. Passavano spesso gli zingari e forse me lo portarono via mentre dormivo. La signora perse il lume degli occhi. Lei era molto attaccata alla proprietà, anche ad una punta di ago. Cominciò a urlare che ero un ladro e che avevo fatto sparire il suo maiale. Insomma, me ne disse di tutti i colori con accuse  offese e minacce. Io in un primo tempo sono rimasto fermo e muto. Ero pronto a ripagarla col lavoro, andando a zappare nei suoi campi o fare quello che mi avrebbe comandato. Ad un certo punto se la prese con tutta la mia famiglia, anche con mia madre che invece era una santa e lavorava dalla mattina alla sera. Non ci vidi più, le urlai parolacce e la minacciai. Lei mi denunciò ai carabinieri. Andarono da lei mio padre che le promise il risarcimento e mia madre che la pregò con lacrime di ritirare la denuncia. L’anno dopo riuscii ad avere l’atto di richiamo dal Canada e me ne andai. Feci molta fortuna. Quella è terra benedetta, basta darsi da fare. Io ero bravo a fare formaggi e latticini. Trovai lavoro in una farm fuori Montreal. All’inizio ero semplice operaio, poi proposi di fare formaggi. Dopo alcuni anni divenni socio del mio padrone. Ora possiedo due farm nel Quebec e due nell’ Ontario, un grande store a Montreal e uno a Toronto e i miei prodotti sono conosciuti dovunque nel Canada, anche a Calgari. Che volete che me ne importi della vecchia signora Cero? Vi confesso che mi ero proposto di non mettere mai più piede in questo paese e nemmeno in Italia da dove sono scappato come dall’ inferno.
-    Lei non ha mai scritto alla signora? Gli chiese il dottor Tacconi. Joe cadde dalle nuvole:
-    Io scrivere ? E perché avrei dovuto scrivere a lei? Quando partii, non sapevo scrivere. A Montreal dopo qualche anno frequentai prima delle scuole serali per imparare il francese e l’inglese e a scrivere. Poi frequentai un’altra scuola perché capii che l’istruzione è importante anche per gli affari. Come potete pensare che mandassi a salutare quella vecchia ?
     Il discorso andò avanti ancora per un poco, poi fu il maresciallo a salutare e ringraziare Joe.

  1. Non sono del tutto convinto, commentò il dottor Tacconi.

-     Io invece sono del tutto convinto, gli rispose Morollo, e sicuramente non tornerò a rompere le scatole quell’uomo. Dottore, lasciamolo in pace. E’ tornato in paese dopo tanti anni, merita di godere anche l’ammirazione dei suoi paesani se riescono ad averla al posto dell’invidia. Le faccio una promessa: continuerò a prendere informazioni anche su di lui e se saprò qualcosa la terrò informata.
      Tacconi ripartì il giorno successivo e il maresciallo trasse un gran respiro di sollievo.

                                                                          ****

-    Brodolì, è arrivato il momento di salutarci. Mi fa piacere parlarti da solo, senza aspettare quella specie di piccolo funerale festoso che mi faranno domani. Tu sì nu bravo guaglione, diventerai un ottimo carabiniere e farai carriera. Sei disciplinato ma sei sveglio. Hai le caratteristiche per fare una buona carriera. Non ti ci vedo in questo paese. E’ buona gente ma chiusa. E’ difficile fare il carabiniere qui, almeno quelle rare volte che succede qualcosa di grave. Per il resto, il nostro compito è facile. Non abbiamo quasi niente da fare, questa è una zona tranquilla con brava gente. Passiamo il tempo a fare  quegli inutili controlli dei documenti agli automobilisti, qualche verifica. La nostra gloriosa Arma è lo specchio perfetto dell’umanità: alcuni di noi svolgono compiti difficili e pericolosi, altri sono diventati mezzemaniche d’ufficio, altri quasi non sanno cosa fare. Però ricordati, noi rappresentiamo la parte buona della società, la gente ci vede come difensori della legge. Una volta erano guai se uno di noi sgarrava. Per diventare carabiniere potevi essere ignorante ma dovevi essere pulito e venire da una famiglia senza macchia. Non avevamo orario, sempre al servizio della gente. C'eravamo noi il prete e il medico a dover essere sempre pronti a correre. Ora abbiamo l’orario come gli impiegati. Vita più comoda ma non siamo più considerati come una volta. Proprio come il dottore che adesso ha un orario preciso e la notte non si deve alzare perché c'è la guardia. E anche lui non è più tenuto in considerazione come una volta. Siamo diventati tutti impiegati. Pure il prete non è considerato come una volta. Ha voluto anche lui i suoi diritti, l’orario e si è voluto togliere la tonaca. Non è più il prete di una volta. Una specie di impiegato anche lui.
              Morollo parlava a se stesso, senza guardare il giovane carabiniere che era rimasto in piedi di fronte a lui come aspettando ordini. Spense la sigaretta che quasi non aveva fumato ed era diventata un lungo cilindro di cenere che riusciva ancora a rimanere sospeso. Proseguì:

  1. Eppure noi siamo ancora il simbolo della fedeltà alle istituzioni siamo un legame tra il passato e il presente. Anche dove sembriamo quasi inutili come in questi posti tranquilli (ma può sempre capitare qualche cosa di grosso come è successo disgraziatamente adesso) la nostra presenza è importante. Noi rassicuriamo la gente con la nostra presenza, sanno di poter contare su di noi e che si possono fidare di noi. Tutto questo è importante e noi non dobbiamo mai deluderli. In questi paesi il nostro lavoro sembra di poca importanza invece è importante. Lo dobbiamo fare con passione e soprattutto con gentilezza.

      Brondolin era in piedi davanti al maresciallo che, seduto alla scrivania, rigirava tra le grosse mani l’accendino. Tra le dita gialle e impregnate del succo di limone che egli si strofinava nel tentativo di ingentilirle ed eliminare la nicotina ormai entrata nella pelle, l’accendino sembrava un insetto che tentava di divincolarsi. Ogni tanto il giovane carabiniere annuiva alle parole del maresciallo che continuò:
-    Guai a dare l'impressione di approfittare della divisa che indossiamo. I  tempi sono cambiati e anche noi dobbiamo cambiare. Anzi siamo già cambiati. Non siamo più quelli delle barzellette. Quando cominciai io, molti diventavano carabinieri per necessità: erano contadini che volevano fuggire dai campi o giovani che non trovavano lavoro. La maggior parte senza istruzione. Ma allora anche la maggioranza degli italiani aveva poca istruzione. Però allora come ora noi abbiamo addosso una divisa rispettata.
-     Io sono contento di essere carabiniere, signor maresciallo, e sono anche fiero.

  1. E fai bene. Ti aiuta a fare bene il tuo dovere. Ricordati, però: non approfittare mai della tua posizione.

Il maresciallo accese un’altra sigaretta. Guardava gli eleganti calendari dell’arma appesi al muro.
-     Guarda- indicò la copertina che raffigurava Salvo D'Acquisto- questo ragazzo è l'anima nobile dell'arma. Esprime non solo la generosità sino al dono della vita per salvare gli altri ma anche la semplicità e la voglia di pace. Guarda quest' altro- indicò la copertina con De Sica vestito da maresciallo e la Lollobrigida- sembra un personaggio leggero che non ci fa grande onore invece esprime un'altra anima della nostra arma, la familiarità e la simpatia che suscita.
       Sembrava quasi commosso Morollo. Gli capitava negli ultimi tempi di commuoversi spesso, di sentire un nodo alla gola. Che strunzata è la vecchiaia, diceva tra sé, non solo ci rincoglionisce ma ci fa sensibili come donnette. Brondolin interruppe il silenzio:
-     Mi dispiace che non siamo riusciti a scoprire qualcosa sulla morte di donna Carmela. Speravo che avremmo raccolto qualche notizia utile…
-     Io non mi ero illuso. Qui nessuno parla, al massimo mandano qualche lettera anonima come quelle che abbiamo ricevuto. Del resto non bisogna meravigliarsene. I testimoni hanno spesso vita difficile. Dalle parti mie il testimone è spesso considerato un infame, una spia. Tanti anni fa, quando venni qui la prima volta ed ero giovane, un vecchio di questo paese  affermò come un vanto di non aver mai avuto a che fare con la legge nemmeno come testimone. Io mi meravigliai di questa affermazione, come se fare il testimone fosse una cattiva azione. Poi mi sono reso conto che si rischia di mettersi nei guai. A volte è proprio difficile sbrogliare la matassa.

  1. Se ci saranno novità dopo che lei sarà andato via, gliele comunicherò se non le dispiace.
  2. Te ne sono grato. Non credo, però, che si concluderà qualcosa.
  3. Pensa che il delitto rimarrà impunito?

-     Non te ne meravigliare, Brodolì. La maggior parte dei delitti rimane senza colpevole. La gente pensa che l’assassino viene quasi sempre individuato. E’ il contrario, poche volte viene trovato. Solo nei romanzi gialli lo acchiappano sempre ma quello è un gioco. L’autore del romanzo trova l’assassino già prima che ci sia il morto poi ingarbuglia tutto per fabbricare l’indovinello. Mette tanti fili per nascondere quello che porta alla conclusione: nella matassa non si individua il filo giusto poi alla fine se si tira il capo si vede il filo che si muove e tutto diventa chiaro. Nella realtà è diverso e quasi sempre se non c’è qualcuno che parla si rimane a bocca asciutta. E’ necessario qualcuno che ti dia qualche informazione, come la bussola per trovare la via giusta. Vengono chiamate spie e non sono apprezzate ma senza di loro non si scoprirebbero reati. Noi dobbiamo essere bravi a farli parlare, dando loro qualcosa in cambio o avendo la possibilità di minacciarli.
-      Ho fiducia, signor maresciallo. In un modo o nell’altro, si riesce a venire a capo delle cose.
-      Bravo, fai bene ad essere fiducioso. Guai se all’età tua si fosse già sfiduciati. E’ il tempo che fa perdere la fiducia. Caromio, il tempo ci rende pessimisti ed anche cinici. A volte cascano le braccia. Se trovi un ladro che succede? Pensi che andrà in galera a scontare la pena. E invece rimane libero e se va dentro ci rimane poco e lo trattano con i guanti gialli. Mi ricordo di un vecchio film di Totò: quando arrivava l’inverno, lui – povero e senza casa- calcolava di commettere un reato per rimanere qualche mese al caldo, in carcere. Ma doveva faticare per essere arrestato, discutere con la guardia, minacciare. Noi siamo un paese di gente buona. Si trova sempre una scusa per il delinquente. Prima si diceva che era la società a spingere a commettere reati. La Chiesa, poi, non fa che ripetere di perdonare. Poi ci sono gli avvocati, i condoni.
-      Però, signor maresciallo, si ripete che le carceri sono troppo piene…
-     E' vero ma sono piene di povera gente; molti sono in attesa di giudizio e poi risultano innocenti o almeno non ci sono prove contro di loro. Chi risulta colpevole rimane sempre meno del tempo stabilito dal giudice. A volte fanno uscire prima anche i peggiori, i più incalliti quelli che appena escono fanno peggio di prima. Basta avere buoni avvocati. Fanno miracoli come i santi ma loro non sono santi, ne inventano una più del diavolo. Tessono una tela intorno al giudice che spesso ha le mani legate, deve giustificare la sua decisione con prove spesso difficili da trovare. Basta avere quattrini, caro Brodolin.
       Il maresciallo si alzò, Brondolin fece quasi un balzo per lasciarlo passare ma lui rimase dietro la scrivania.
-      Oggi passerò le consegne al nuovo maresciallo, domani mi faranno la cerimonia del commiato, una specie di funerale allegro come dicevo prima. Ho voluto salutarti prima con questo discorsetto. Io sono alla fine e tu all’inizio perciò non prendere troppo sul serio quello che ti ho detto e abbi fiducia nel futuro. Oggi sembra che le regole non valgono più ma non è così. Le regole varranno sempre e noi siamo tra quelli che le debbono far rispettare. Vai pure.
       Brondolin si avviò verso la porta, questa volta senza lo scatto del saluto militare.

  1. Scusami se a volte ho storpiato il tuo cognome- lo raggiunse la voce del maresciallo- ma qual è il tuo nome?
  2. Luigi, signor maresciallo, ma in paese mi chiamavano Gigetto.
  3. Addio Giggetto. Buona fortuna.
  4. Morollo avvertì nu strunz ‘e nodo alla gola.

       Un giorno il maresciallo in pensione Dante Morollo se ne stava a bere una birra fresca  seduto davanti al bar col vecchio amico d’infanzia, l’ex maestro elementare Pinuccio Ermo. La sua pancia era un po’ cresciuta. Le sue dita erano sempre gialle di nicotina e profumate di limone, i denti neri tra i corti baffi, giallicce vittime dei momenti di nervosismo. Dopo i primi giorni di riposo forzato, come chiamava il suo pensionamento, si era rilasciato e aveva subito imparato a godere quella vita tranquilla nel suo paese, riprendendo a parlare l’antico dialetto che del resto non aveva mai abbandonato del tutto. Si era meravigliato di come fossero passati velocemente tutti quegli anni trascorsi in tante Stazioni del Centro e del Sud per riconsegnarlo al suo paese anche se invecchiato.  Anche la moglie aveva ritrovato qualche vecchia amica. A volte gli sembrava di non aver mai lasciato il suo paese che gli appariva poco modificato ma poi gli bastava ritrovare qualche amico di gioventù non più rivisto per rendersi conto del tempo passato.  Del resto, aveva assistito alle modificazioni lente ma continue del paese quando tornava durante le ferie e a volte nel fine settimana quando non riusciva a contrastare le insistenze della moglie. Andava con piacere nella piazzetta sotto casa a comprare la frutta o il  pesce. Ogni tanto ripensava al paese del Molise dove aveva  passato il primo e gli ultimi anni della sua carriera e si riprometteva di tornarci per una visita.
              Il maestro gli stava raccontando di vecchi amici partiti quando fu interrotto da una voce:  
“ Maresciallo c’è posta per voi”. Morollo guardò con aria di meraviglia il postino che gli porgeva una lettera. Erano passati poco più di tre mesi da quando lo avevano salutato  in caserma con una piccola festicciola e il dottor Rumo lo aveva invitato a pranzo per salutarlo. Si erano abbracciati, commossi. Il farmacista si era fatto promettere che Morollo sarebbe tornato in paese e sarebbe rimasto un po’ di giorni come suo ospite. “Ovviamente, con la sua signora, donna Elvira” aveva aggiunto. La busta portava l’intestazione: “Ill. mo signor Maresciallo D. Morollo” L’aprì e lesse il finale: “Il suo devoto carabiniere Luigi Brondolin".
"Egregio signor maresciallo, vengo a importunarla per mantenere la mia promessa di tenerla aggiornato riguardo al delitto della signora Cero. Da 3 settimane il precedente comandante (il signor maresciallo Comizo al quale lei aveva dato le consegne e che era venuto a dirigere questa caserma solo temporaneamente) è stato sostituito dal nuovo maresciallo Del Giorgio che è giovane ma è molto conosciuto e apprezzato al nostro Comando di zona. Fa parte del gruppo che si interessa in particolare del traffico di droga e si mormora che sia venuto qui per indagare su tale traffico perché sembra che questa stia diventando una importante zona di passaggio, forse perché tranquilla e sinora lontana da ogni sospetto eccetto la presenza dei pochi giovani drogati del luogo, come lei ben sa. Pare che gli spacciatori pugliesi vogliano allargare il loro territorio di spaccio e che ritengano questa zona adatta per non suscitare sospetti. Il signor maresciallo ha preso molto a cuore il caso Cero anche perché aveva cominciato ad avere il sospetto che possa rientrare nel giro della droga. Non perché la povera signora si drogasse ma per altri motivi come cercherò di esporle (mi scuso se sono un po’ prolisso ma cerco di darle notizie nel miglior modo che mi è possibile). Il signor maresciallo si è letto più volte tutti i documenti a disposizione. Gli abbiamo anche riferito di quel dottore venuto da Roma e del colloquio che lei ebbe con quell'emigrato. Ha sorriso nel sentire i particolari del foglio, della frase e del sospetto non suo beninteso, signor maresciallo, ma di quel dottore di Roma. Ci ha comandato di cercare di ottenere più notizie possibili da qualche giovane drogato”.
     Morollo accese un’altra sigaretta,  si aggiustò i pesanti e spessi occhiali da presbite. Si scusò di nuovo col maestro e riprese a leggere.
     “Cercherò di essere preciso per quanto mi è possibile, sui fatti e sui discorsi che ho sentito. Dunque, il sig. Maresciallo è riuscito ad avere alcune informazioni importanti. Io ho il piacere di accompagnarlo nei suoi spostamenti, anche se spesso quando andiamo nei vari paesi o anche in qualche caserma della Puglia lo aspetto sulla camionetta o in strada. Vai a prendere un caffè- mi dice- così ti vengo a cercare al bar. Dunque, lui conosce un giovane drogato di un paese qui vicino che è un suo informatore importante. Qualcuno in caserma dice che lo rifornisce anche di qualche dose di droga ma io questo non lo posso affermare e anzi sono sicuro che non è vero. Questo informatore, del quale non conosciamo il nome, è amico di Nunziatina che è quella ragazza che aveva servito la signora Cero prima di Nadine. Lei certamente ricorderà che questa ragazza fu mandata via dalla signora Cero, non si sapeva bene per quale preciso motivo. Si diceva che la signora l’aveva trovata in casa con un uomo. All’epoca dei fatti, io non avevo ancora preso servizio in questa Stazione. Quasi certamente è lo stesso uomo che entra nella nostra storia. Riassumendo i fatti, sembra che Nunziatina custodiva la droga che le affidava quest’uomo che era il suo fidanzato e pare faccia parte di un importante gruppo di spacciatori pugliesi. Forse gli spacciatori ritenevano quella casa un luogo molto sicuro non solo perché insospettabile ma anche perché l’unica a girare in casa era Nunziatina. Lei teneva la droga nella cantina della signora Cero e forse aveva fatto entrare il fidanzato per consegnargli alcune dosi. Quando la sig.a Cero li scoprì, pensando che Nunziatina chissà che combinasse col fidanzato a casa sua (ma certamente non sospettava il vero motivo), non diede alla ragazza nemmeno un giorno di preavviso ma pretese che andasse via immediatamente. Non ebbero la possibilità di riprendere la droga che era in cantina, forse la ragazza non riuscì a trovare una scusa per scendere in cantina.”
             Il maresciallo aveva letto tutto d’un fiato. Si interruppe, respirò profondamente. Si guardò intorno come a verificare che nessuno leggesse insieme a lui quella sorta di rapporto che evidentemente Brondolin faceva a lui quasi considerandolo ancora in servizio o, comunque, ancora parte dell’ Arma. Rimase per un po’ sovrappensiero poi  riprese a leggere.
      “Passò del tempo. Sempre secondo il racconto del confidente del signor maresciallo  Del Giorgio, Nunziatina e il suo fidanzato tornarono per riprendere la droga. La ragazza aveva una copia della chiave della casa della signora Cero. Hanno aspettato che Nadine uscisse e sono entrati. Scesero in cantina e presero la busta che conteneva la droga. Stavano per uscire quando la signora Cero comparve e li vide. Fu tanta la sorpresa e la paura che iniziò a  gridare. Lo spacciatore (il signor Maresciallo non ci ha fatto il suo nome) le infilò un fazzoletto in bocca. La povera signora cominciò ad agitarsi. Stavano per andare via ma l’uomo si rese conto che la signora aveva riconosciuto Nunziatina e li avrebbe denunciati.  Con una mazza che portava con sé la colpì in testa sfondandole il cranio. Sembra che Nunziatina non abbia avuto nemmeno il tempo di accorgersi di ciò che l’uomo stava facendo. Scapparono dietro la casa, verso il boschetto e fuggirono con l’auto che avevano nascosto nel viottolo del boschetto. Tutto questo è stato raccontato al signor Maresciallo da questo ragazzo del quale, ripeto, conosce il nome solo il sig. Maresciallo. So, come mi ha raccontato il signor Maresciallo, che lui prima era  fidanzato con Nunziatina la quale è rimasta molto legata a lui e sembra che si sia pentita di essersi messa con questo nuovo fidanzato che la tratta male e la minaccia. Lei è molto spaventata. Si è confidata col suo vecchio fidanzato, sembra, un giorno che è riuscita a venire da queste parti. Pare che sia rimasta molto turbata e ha sentito il bisogno di confidarsi col vecchio fidanzato ma non vuole assolutamente testimoniare e raccontare tutto a noi. Pare che lo spacciatore l’abbia minacciata di uccidere lei o qualcuno della famiglia. Nel dirci tutto questo, il signor Maresciallo (che ci ha comandato di non parlarne assolutamente con nessuno. Lo scrivo a lei perché la ritengo ancora come parte dell’ Arma e non solo ho un ottimo ricordo di lei ma mi piace mostrare che prima o dopo gli assassini vengono presi. In questo caso, non so come sarà possibile dimostrare la colpevolezza dello spacciatore se Nunziatina non farà da testimone. Per il momento il signor Maresciallo sta ancora indagando. Ritiene che lo spacciatore sia membro di una banda comandata da personaggi più importanti e vuole attraverso lui arrivare a prenderli. La terrò informata appena ci saranno novità.
Il suo devoto carabiniere Luigi Brondolin.
PS- Debbo darle una brutta notizia. Il dottor Nicola Rumo, il farmacista, non sta bene. Purtroppo gli hanno scoperto un brutto male al polmone e si dice che non durerà a lungo.”
       L’ex maresciallo rimase pensieroso con la lettera tra le mani anche quando la cenere della sigaretta che teneva tra le labbra cadde sul foglio. Lo scosse la voce dell’amico:

  1. Qualcosa di grave ?
  2. Niente Pinù. E’ una coda difficile da scorticà.

Accese un’altra sigaretta, tirò alcune boccate nervose e aggiunse:

  1. E anche un boccone amaro. Ma così è la vita.

Tacque per un po’, sovrappensiero, poi aggiunse una frase che il suo amico non capì:

  1. E pensare che non ha mai fumato.

 

2003
Nicola Picchione