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Un protocollo sperimentale per l’individuazione di aree potenzialmente idonee al tartufo bianco (Tuber magnatum Pico) in Molise 

 

Bruno Paura1, Claudio Colombo1,  Patrick Di Santo2

1 Università degli Studi del Molise, Facoltà di Agraria, Dip.to S.AV.A.. Via de Sanctis. - 86100 Campobasso
2 Via Lagone, 14 – 86010 Campodipietra (CB)
               

Key Words
Tuber magnatum, Ecologia tartufaie, aree a vocazione tartufigena, Molise

Riassunto
Viene presentato un’ipotesi di protocollo sperimentale per l’individuazione di aree potenzialmente idonee al tartufo bianco (Tuber magnatum Pico) mediante l’ausilio della classificazione gerarchica del territorio. Questa metodologia, mediante un’analisi deduttiva, consente di definire ambiti tartufigeni omogenei a diverse scale e pertanto si propone come uno strumento flessibile idoneo non solo per l’individuazione di aree potenzialmente idonee ma per la gestione delle stesse.

Abstract
Here thereafter you find an hypothesis of experimental protocol finalized to locate areas potentially suitable to white truffle (Tuber magnatum Pico) through the hierarchic classification of the territory. These methodology, using a deductive analysis, allows us to define homogeneous ambits in different scales and therefore could be utilized as a flexible tool not only to locate potentially suitable areas but also to manage them.

 

Introduzione
Il Molise rappresenta una delle regioni italiane a più spiccata vocazione tartufigena. Grazie alle sue caratteristiche climatiche e pedologiche la regione si presenta come un’area particolarmente predisposta alla produzione di diverse specie  di tartufo (Tuber magnatum Pico, Tuber borchii Pico, Tuber aestivum Vitt., Tuber brumale var. moschatum De Ferry.).
Le ottime potenzialità di sviluppo del mercato locale hanno determinato un recente aumento dell’interesse per il tartufo, che si è concretizzato in un incremento repentino del numero dei cavatori, che nell’arco dell’ultimo decennio ha superato agevolmente le 2000 unità, costituendo, di conseguenza, un’importante fonte di integrazione del reddito.
Tuttavia, la raccolta, spesso indiscriminata e scriteriata, unitamente alla presenza di un mercato non organizzato e semiclandestino, rappresenta un serio fattore di rischio per il depauperamento del patrimonio tartuficolo regionale. A rendere più critica la situazione intervengono quei fenomeni legati all’uso a volte spropositato dei concimi chimici ed in parte al degrado delle tartufaie dovuto all’espressione di due fattori (spesso sinergici) quali la cattiva pratica durante la cavazione (zappettatura delle tartufaie, raccolta di tartufo immaturo o del fiorone ecc.) e la gestione delle risorse forestali (ceduazioni, taglio a turni ravvicinati di tartufaie: es. boschi e boscaglie ripariali) che non tengono in nessun conto degli ambienti tartufigeni.
Relativamente al solo tartufo bianco pregiato una valida alternativa per ampliare la base dell’offerta del prodotto potrebbe attuarsi mediante l’incremento di piani di incentivazione di tartufaie controllate o coltivate; va tuttavia rilevato che la loro diffusione, in Molise così come nelle altre regioni italiane, è al momento piuttosto limitata ad un numero ristretto di aree per le oggettive difficoltà incontrate nella micorrizazione e fruttificazione del tartufo bianco. 
Al  fine di tutelare, e conservare questa preziosa risorsa economica e sociale, molte regioni tra cui si citano a titolo esemplificativo Abruzzo (Paolino P. 1999), Lombardia (Andreis C., 2001), Basilicata (Rana G.L.,Cerone G. Tagliavini O. 2001) e Toscana (AA.VV. 1995), hanno sviluppato e sostenuto dei progetti volti alla costituzione di una banca dati delle tartufaie naturali presenti nel loro territorio ed al loro studio, gettando così le basi per un utilizzo oculato, e soprattutto sostenibile, di questo prodotto della natura.
Anche se con la messa a punto di protocolli diversamente strutturati, questo approccio ha permesso alle regioni sopra citate di  formulare delle ipotesi di gestione e pianificazione che individuino le aree potenzialmente idonee per lo sviluppo delle diverse specie di tartufo.
Va rilevato, inoltre, che queste azioni sono in sintonia con il programma stipulato dal GET (Groupement Europeen Tuber) che si propone  di intensificare la tartuficoltura  soprattutto nelle  aree interne marginali di Italia, Spagna e Francia. 
Situazione ben diversa si registra in Molise che, a fronte di una straordinaria ricchezza di ambienti tartuficoli (e di produzioni), ha ricevuto contributi scientifici pressoché nulli. Al momento della redazione di questo articolo non si registra purtroppo alcun contributo sull’ecologia delle tartufaie né tantomeno su documenti anche di natura cartografica sulla distribuzione reale e potenziale delle specie di tartufo presenti in Molise. Eppure la Legge Regionale 27 Maggio 2005, n.24 prevede esplicitamente che le Province devono dotarsi di una cartografia in scala 1:100.000 indicante le zone geografiche di raccolta a cui viene applicato annualmente un indice di densità di produzione del tartufo per modulare la raccolta in funzione dell’andamento climatico.
Il mantenimento delle caratteristiche naturali e produttive di una tartufaia rappresenta, pertanto, un elemento di priorità assoluta anche in considerazione che alcune delle tartufaie conosciute ricadono in SIC, in cui l’utilizzo delle risorse degli habitat devono risultare compatibili con le finalità di conservazione.
La presente idea progettuale nasce dalla consapevolezza di delineare un approccio metodologico flessibile e dalla  necessità di esercitare azioni di protezione attiva delle risorse naturali della regione attraverso l’uso oculato e la valorizzazione di territori naturalisticamente pregevoli. Tale scopo è raggiungibile, in primis, attraverso una quantificazione del patrimonio tartuficolo regionale e da una conoscenza precisa delle caratteristiche ecologiche ritenute essenziali per conservare e/o ricreare le condizioni favorevoli alla crescita dei tartufi.
La struttura di questo progetto comporterà, tra l’altro, come naturale ricaduta pratica, l’elaborazione di linee guida che riguarderanno:
- stima del carico sostenibile di cavatori per tartufaia in dipendenza delle caratteristiche meteorologiche dell’annata.
- analisi della gestione forestale delle tartufaie, attraverso l’indagine dei piani di taglio, delle modalità di asportazione del legname, ecc. al fine di determinare l’incidenza della gestione forestale sulla produzione di tartufo (come e quanto incide il taglio sulla micorrizzazione, come e quanto incide il taglio sulla formazione dei carpofori, ecc.).

 

Obiettivi
Il progetto, che si configura come uno studio pilota sul territorio molisano e che si avvarrà dell’apporto scientifico di diverse  figure professionali afferenti a diverse e molteplici discipline (es. ecologia vegetale, pedologia, silvicoltura ecc.) si articolerà in tre fasi ben distinte:
1. Censimento delle tartufaie naturali esistenti (carta della distribuzione reale)
2. Caratterizzazione ecologica delle tartufaie a Tuber magnatum
3. Individuazione delle aree a vocazione per il Tuber magnatum

1. Censimento delle tartufaie naturali esistenti (carta della distribuzione reale)
In questa fase, tuttora in corso di svolgimento, si procederà all’individuazione ed al censimento nell’ambito del territorio regionale delle tartufaie naturali e controllate di tartufo bianco di sicura produttività. Questa prima fase nasce dall’esigenza di avere a disposizione un primo documento conoscitivo sulla distribuzione delle tartufaie attraverso l’allestimento di una banca dati implementabile, che raccolga le informazioni provenienti dalle fasi successive della ricerca (es. ecologia delle tartufaie).
Per ciascuna tartufaia censita verrà allestita un’apposita scheda corredata da un’adeguata documentazione cartografica, che riporterà i seguenti dati:

  1. localizzazione geografica della tartufaia in scala 1:100.000 o 1:50.000;
  2. breve descrizione morfologica, orografica e vegetazionale della tartufaia;
  3. informazioni sulla produttività, basandosi su una scala di valori prestabilita e non quantitativa, per la reale ed acclarata impossibilità di riuscire ad attingere dati quantitativamente precisi e certi;
  4. informazioni sullo stato di conservazione.

2. Caratterizzazione ecologica delle tartufaie a Tuber magnatum
Alla fase di censimento seguirà una fase di selezione attraverso la quale verranno individuate le tartufaie più rappresentative delle diverse aree molisane per procedere ad una ricerca più approfondita e dettagliata delle caratteristiche ecologiche. Si riportano pertanto le sole linee metodologiche riservandoci, in un prossimo futuro, di pubblicare i risultati ottenuti nonchè di valutare criticamente il percorso metodologico seguito.

2.1 Area di studio
Al solo scopo di mettere a punto e verificare la metodologia è stata individuata una tartufaia in agro di Busso (CB). L’area indagata si sviluppa lungo un versante a morfologia omogenea esposto prevalentemente a nord e distribuito lungo un gradiente altitudinale compreso tra 560 e 630 mslm con pendenze che si attestano di norma tra i 15 ed i 25°. (FIG.1)

Fig. 1 – L’area di studio è rappresentata dall’ovale retinato in rosso

Lungo i versanti si distribuiscono boschi fisionomicamente caratterizzati da Quercus cerris e Q. pubescens s.l. la cui volta forestale non evidenzia valori costanti di copertura.  Nelle vicinanze di un fosso, in corrispondenza di suoli più umidi si sviluppano sporadici esemplari di Populus canescens. Nello strato arbustivo si annovera una flora ricca in specie tra cui spiccano per valori di frequenza e copertura la sanguinella (Cornus sanguinea), la carpinella (Carpinus orientalis), il prugnolo (Prunus spinosa), il biancospino (Crataegus monogyna), la ginestra comune (Spartium junceum), il ligustro (Ligustrum vulgare) e l’evonimo (Euonymus europaeus). Le specie erbacee sono a carattere essenzialmente mesofilo. Laddove la copertura arborea e arbustiva risulta minore o si sono verificati recenti inglobamenti forestali nelle aree prima occupate da radure, si ritrovano fitti gramineti a falasca (Brachypodium rupestre).  In Molise aspetti forestali simili sono stati fitosociologicamente ascritti (Paura et al., 2007) all’associazione Daphno laureolae-Quercetum cerridis Taffetani 2007, che rappresenta la vegetazione forestale climatofila a cerro e roverella dei settori centrali e meridionali del versante adriatico (Taffetani, 2007)

2.2 Metodologia
In riferimento agli aspetti ecologici delle tartufaie, verranno prese in considerazione situazioni con caratteristiche sia medie che estreme cercando di comprendere tutta la variabilità cenologica in cui si verifica lo sviluppo del tartufo bianco. Fondamentale, per questo tipo di studio, è la ricerca di una correlazione tra i diversi descrittori fisici o biotici e la produzione di tartufo. Il protocollo sperimentale pertanto prevede  un’accurata descrizione delle caratteristiche fisiche, orografiche, morfologiche (altitudine, esposizione, inclinazione) e  climatiche (meso e microclimatiche) della tartufaia naturale studiata.
Al fine di ricercare elementi descrittori di maggior dettaglio l’area di studio è stata delimitata su base topografica mediante un plot di dimensioni 100 x 100 metri suddiviso in 16 quadranti ciascuno di essi avente dimensioni 25x25 m. (FIG. 2).

Fig. 2 – Plot di rilevamento

Il Plot è stato collocato in modo tale da rappresentare, per quanto possibile, il gradiente ecologico della tartufaia, includendo pertanto settori con struttura, flora e suoli non omogenei. (FIG. 3)

Fig. 3 – Disposizione della griglia nella tartufaia

Su ogni maglia è stato localizzato il sito di campionamento, indicato con la stessa sigla, riportando oltre alle coordinate geografiche, le caratteristiche morfologiche ed il punto preciso di rinvenimento del carpoforo del tartufo bianco.
Nelle singole maglie di questo poligono, è stato effettuato il prelievo di campioni di suolo superficiale, fino ad una profondità di 0-10 cm, e tra 10 e 20 cm, più in profondità. Successivamente i campioni così ottenuti sono stati portati in laboratorio dove si è provveduto alla determinazione delle caratteristiche chimico-fisiche del suolo (tessitura, pH, umidità del suolo, densità, porosità, carbonati totali, N, P, Fe, Al, ecc.).
L’analisi del suolo della tartufaia ha evidenziato caratteristiche pedologiche intermedie tra quelle dell'ordine degli Inceptisuoli e degli Entisuoli secondo la classificazione della Soil Taxonomy. In termini generali, la tartufaia si è rivelata particolarmente adatta al tartufo bianco pregiato perché è formata su suoli marnoso-argillosi, poveri di scheletro, contenuto di calcare non superiore al 15% e con valori di pH intorno a valori di neutralità fino ad una leggera alcalinità. La sostanza organica è risultata distribuita in modo molto irregolare in relazione alla vegetazione boschiva. Queste condizioni pedoclimatiche sono risultate particolarmente favorevoli al tartufo bianco pregiato, in quanto il suo sviluppo è maggiormente favorito nei versanti con lieve pendenza e con esposizione Nord-Nord Est.
E’ stato pertanto realizzata una mappa recante la distribuzione spaziale all’interno della maglia di alcuni parametri del suolo che sono risultati, in base alla sperimentazione e a dati di letteratura, come parametri guida per la presenza e lo sviluppo di Tuber magnatum.

L’analisi della componente vegetale è stata effettuata mediante il rilevamento della struttura della vegetazione forestale (verticale ed orizzontale) in cui verranno attentamente rilevate la copertura dello strato erbaceo, arbustivo ed arboreo delle tartufaie, le classi di età degli alberi, il diametro dei tronchi, allo scopo di valutare le strutture più idonee per lo sviluppo e la fruttificazione di Tuber magnatum. (FIGG 4, 5, 6)

Fig. 4 – Fotografia relativa alla vegetazione del quadrante “Q” della tartufaia
Fig. 5 – La struttura orizzontale della componente arborea  relativa al quadrante “Q” della tartufaia
Fig. 6 – La struttura verticale della componente arborea  relativa al quadrante “Q” della tartufaia

Lo studio della comunità vegetale è stata invece rilevata attraverso l’uso del metodo fitosociologico della scuola sigmatista di Braun-Blanquet (1964), cercando eventuali combinazioni floristiche specifiche correlate con la presenza del tartufo bianco. Questa fase, spostando l’asse delle relazioni dalla “pianta-tartufo” a quello di “comunità vegetale-tartufo”, risulta di fondamentale importanza per la caratterizzazione dell’ambiente tartufigeno .
I dati raccolti  verranno elaborati con metodi di indagine statistica (analisi multivariata, fuzzy set, analisi delle corrispondenze ecc.) utilizzando software specifici al fine di evidenziare i parametri ambientali correlati alla presenza del carpoforo del tartufo bianco.

3. Individuazione delle aree a vocazione per il Tuber magnatum
L’individuazione delle aree maggiormente vocate per la produzione del tartufo bianco sarà effettuata attraverso un’indagine basata su un approccio di tipo induttivo utilizzando un protocollo affine a quello della classificazione gerarchica del paesaggio vegetale.
La proposta metodologica di classificazione gerarchica del territorio è basata sulla individuazione, a scale progressivamente di maggior dettaglio, di regioni, sistemi, sottosistemi e unità ambientali (Blasi et al., 2000; Ricotta et al., 2000a ; Ricotta et al., 2000b).
Le unità ambientali sono ambiti ecologicamente omogenei che presentano caratteristiche comuni nei fattori ambientali ed antropici.
Questo approccio metodologico opportunamente modificato ed adattato, consente di arrivare alla determinazione di ambiti tartufigeni omogenei, partendo dall’analisi dei principali fattori che discriminano la presenza e lo sviluppo del bianco pregiato a vasta scala: clima, litologia, morfologia, altitudine, copertura vegetale.(FIG. 7)

Fig. 7 – Classificazione gerarchica del territorio in funzione della individuazione di ambiti a potenzialità tartufigena (da Blasi et al. 2000 modificato)

Quanto emergerà dalla sovrapposizione dei tematismi scelti sarà poi confrontato con i dati direttamente registrati in campo e precedentemente individuati nello studio preliminare, al fine di confermare e/o individuare altri parametri, sempre a  carattere locale, che guidano il successo riproduttivo del bianco pregiato a scala di dettaglio (ad esempio, caratteristiche chimico-fisiche del suolo, tipologie vegetazionali, struttura e governo dei consorzi forestali, ecc.).
Immagazzinando nel data base geografico di uno specifico software GIS (ArcView, ArcGIS) l’input costituito dai tematismi prima descritti, si otterranno output cartografici (nelle scale di dettaglio desiderate) estremamente versatili, in grado di rappresentare il tema scelto e di delineare le caratteristiche quantitative di quanto riportato su carta.
Infine non va trascurata l’enorme ricaduta di studi con un approccio ’analisi del paesaggio (es. analisi del gradi di frammentazione e della connettività delle tartufaie naturali) può aiutare a formulare piani di gestione più idonei per la salvaguardia del patrimonio tartuficolo del Molise.

 

Bibliografia

AA.VV. 1995  - Ecologia delle tartufaie di Tartufo bianco in Toscana.  A.R.S.I.A: Dipartimento Agricoltura e Foreste Regione Toscana  pp.141.
Andreis C., 2005Carta delle vocazioni tartufigene della Regione Lombardia. Regione Lombardia.
Blasi C., Carranza M.L., Formigoni S., Rosati L., 2000. Ecosystem classification and mapping: a proposal for Italian Landscape. Applied Vegetation Science. 3: 233-242.
Braun-Blanquet J., 1964. Pflanzesoziologie. 3rd ed. Sprinter, Wien-New York.631
Conti F., Abbate G., Alessandrini A. & Blasi C., 2005. An Annotated Checklist of the Italian Vascular Flora. Palombi Editori, Roma.
Paura B., Cutini M., Catorci A., 2007. Le cerrete termofile (Carpinion orientale, Teucrio siculi-Quercion cerridis) del Molise (Italia centrale). Fitosociologia  44 (3): in stampa.
Paolino P. 1999  Le aree tartuficole d’Abruzzo. Micol. Ital., 2:19-26.
Ricotta C., Carranza M.L., Avena G. C., Blasi C., 2000a.  Quantifing deviation of landscape diversità from potential natural vegetation with Shannon’s entropy. Applied Vegetation Science. 3: 157-162.
Rana G.L.,Cerone G. Tagliavini O. 2001. Carta delle vocazioni tartufigene della Basilicata www.basilicatanet.it
Ricotta C., Stanisci A., Avena G. C., Blasi C., 2000b. Quantifing the network connettivity of Landscape mosaic: a graph teoretical approach. Commun. Ecology. 1: 89-94..
Taffetani F., 2007. Revisione sintassonomica dei querceti termofili del versante medio adriatico. Fitosociologia 44 (3): in stampa.

 


Fig. 1 – L’area di studio è rappresentata dall’ovale retinato in rosso

 

 

Fig. 2 – Plot di rilevamento


 

 

Fig. 3 – Disposizione della griglia nella tartufaia


 

Fig. 4 – Fotografia relativa alla vegetazione del quadrante “Q” della tartufaia


 

Fig. 5 – La struttura orizzontale della componente arborea  relativa al quadrante “Q” della tartufaia


Fig. 6 – La struttura verticale della componente arborea  relativa al quadrante “Q” della tartufaia


 

 

Fig. 7 – Classificazione gerarchica del territorio in funzione della individuazione di ambiti a potenzialità tartufigena (da Blasi et al. 2000 modificato)

 

La nomenclatura delle specie segue Conti et al. 2005