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A cura di: dr. Giuseppe Giannotti  
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I TARTUFI: ILLUSTRAZIONE DELLE SPECIE COMMERCIALI E DIFFERENZE CON ALTRI FUNGHI IPOGEI. (Mario Sarasini)

Introduzione

La parola “tartufi” risveglia immediatamente la fantasia e i sentimenti più strani:

  • profumi intensi e inusuali, gradevolissimi, a volte persino definiti afrodisiaci (si dice anche di “trifola”), oppure odori terribili, a volte definiti addirittura repellenti, riecheggianti l’aglio misto al metano;
  •  imbrogli dei ristoranti e dei negozi  (non per niente in francese il tartufo si chiama “truffe”, che significa anche truffa);
  •  prezzi altissimi, ormai paragonabili a quelli dell’oro, che danno luogo anche ad aste mondiali, con acquirenti che a volte non sanno neanche cosa comprano.

Ma cosa sono in realtà i tartufi? Perché sollecitano così tanto la nostra fantasia o le nostre narici?  Perché costano così tanto? E’ importante o addirittura indispensabile acquistarli per la cucina o consumarli al ristorante? Ecc.

Definizione micologica

Per rispondere alle domande di cui sopra bisogna procedere per gradi, dandone prima una definizione scientifica-micologica; poi considerando il loro ciclo di vita e relazionadolo con gli altri esseri viventi del loro ambiente di crescita; e soltanto dopo confrontando tali conoscenze oggettive con le immagini della nostra psiche, differenziando il più possibile la realtà dall’immaginazione fantastica.
Occorre dunque fissare dei punti certi, che agiscano come dei “paletti di confine”, guidandoci nelle nostre considerazioni:

  • I tartufi sono dei funghi. Perciò essi non sono altro che le fruttificazioni di organismi che vivono sotto terra, costituiti da una fitta rete di microscopici filamenti, il cui insieme è chiamato micelio; esattamente come per gli altri funghi meglio conosciuti: russule, porcini, mazze di tamburo, ecc.
  • Sono dei funghi ipogei. Significa che non solo il micelio, ma anche le sue fruttificazioni si formano e maturano completamente sotto terra; tutt’al più a volte sono più o meno affioranti in superficie.

In Italia ne abbiamo moltissime specie, quasi la totalità delle 180 specie descritte nel libro “Funghi Ipogei d’Europa” di A. Montecchi e M. Sarasini. In questo noi italiani siamo particolrmente favoriti, soprattutto dalla grande varietà di climi che caratterizzano la nostra penisola; infatti il fondatore dell’idnologia, così anche si chiama la scienza che studia i funghi ipogei, è proprio un italiano: il grande C. Vittadini di Milano, 1800-1865, il cui cognome abbreviato (Vittad.) si trova associato al nome di numerose specie.

  • - Sono simbionti. Significa che il micelio scambia continuamente sostanze nutrienti con i terminali dell’apparato radicale di alberi vivi e associati in questa particolare comunione, chiamata micorriza. Nulla a che vedere dunque con il modo di nutrizione dei funghi saprofiti, champignons, geloni o orecchiette ecc., che assorbono esclusivamente sostanze ricavate da organismi ormai morti. Soltanto questi ultimi sono perfettamente coltivabili in ambienti chiusi, controllati nella temperatura e grado di umidità; la fruttificazione essendo indotta dalla fornitura della corretta e nota miscela di sostanze nutritive morte, secondo tempi e modalità anch’esse controllabili.

 

  • Dispersione delle spore anch’essa ipogea. Ogni fruttificazione viene prodotta dalla pianta-madre allo scopo di riprodurre la specie, mediante la formazione e successiva dispersione delle spore. Nel caso dei funghi ipogei le spore vengono prodotte all’interno dei corpi fruttiferi, al riparo dagli agenti esterni durante la maturazione,  e successivamente disperse sotto terra dopo la disgregazione dell’intero corpo fruttifero, grazie all’aiuto di rivoli d’acqua sotterranei, insetti e animaletti vari, ecc., compresi occasionali raccoglitori di superficie, come cinghiali, tartufai, ecc.
  • - Odori emessi con la maturazione. Questo fatto si spiega con la conseguente possibilità di attirare insetti e animaletti per disperdere le spore in luoghi diversi e lontani, con maggiori possibilità di propagare la specie; è noto infatti che le spore passano inalterate attraverso l’apparato digerente degli animali.
  • Sono Ascomiceti. Appartengono cioè a quel grande raggruppamento tassonomico che riunisce tutte quelle specie fungine le cui spore maturano all’interno di appositi contenitori, chiamati aschi, i quali si aprono soltanto dopo la maturazione delle spore stesse. Nel caso dei tartufi gli aschi hanno sempre la forma di un fiasco.

 

Considerazioni

- Da quanto sopra esposto si deduce che i tartufi non possiedono caratteristiche speciali, tali cioè da giustificare intrinsecamente la grande quantità di strane idee, chiamiamole così, che sono state e sono tuttora spesso associate ad essi. Sintetizzando al massimo, essi non sono altro che un gruppo di funghi ipogei, simbionti, che emettono odori a maturazione, appartenenti come tanti altri alla classe degli ascomiceti.
- Così dicendo è chiaro che perde immediatamente di valore reale tutta quella serie di comportamenti rituali - si sottolinea “rituali” - manifestata in vari modi e tempi da noi umani nei confronti dei tartufi: odori sublimi, prelibatezza, potere afrodisiaco, liti furiose fra tartufai, cani da ricerca ammazzati, compravendita col bilancino in grammi, battute all’asta dei pezzi migliori, fiere ed esposizioni dedicate, ecc. Ma d’altra parte non è proprio una peculiare caratteristica di noi umani quella di crearci  i nostri “guru spirituali” e  i nostri svariatissimi “dei”, attribuendo loro poteri e voleri “extraterreni”, ben al di là di quel naturale e innato senso della sacralità e misteriosità dell’universo tutto?
 - Ma allora perché i tartufi costano così tanto? Per la loro rarità? Non direi: essi crescono abbondanti in tutti boschi su terreni calcarei. Direi piuttosto per la fatica e la difficoltà del loro ritrovamento, ma è chiaro che in tempi di vera carestia alimentare o di povertà il loro prezzo verrebbe notevolmente ridotto.
- Per quanto riguarda gli odori e i sapori, quelli dei tartufi sono percepiti in modo diverso da noi umani; molte persone mostrano un chiaro ribrezzo e disgusto, se non influenzate dalla loro mente come sopra detto, preferiscono di gran lunga la “Nutella”; mentre per altre un piatto di tagliatelle al tartufo bianco grattugiato al momento costituisce un “non plus ultra” per il palato.
- Pur tenendo conto che la fantasia creatrice di molte strane idee è alimentata anche e soprattutto dalla scarsa o nulla conoscenza micologica-botanica di questi esseri viventi, risulta comunque evidente che una grossa componente del prezzo e, di conseguenza, della causa degli strani ma umanissimi comportamenti di cui sopra, è dovuta alla nostra immaginazione, non disgiuntamente dal fatto cioè di darci una forte autogratificazione quando li troviamo, li compriamo o li mangiamo, e di darci la possibilità di esibizione del nostro potere di acquisto, diventando un simbolo del nostro status economico.

 

 

Ricchezza ambientale da tutelare

- Ora che abbiamo preso atto delle reali caratteristiche micologiche dei tartufi e del grande valore commerciale loro attribuito da noi umani, è opportuno evidenziare anche alcune modalità di comportamento che si devono mettere in essere per proteggere e sfruttare in modo ottimale la produzione di tali frutti della terra: non si deve dimenticare infatti che i tartufi sono delle fruttificazioni per la diffusione della specie e che quindi la loro raccolta non è affatto dannosa per l’ecologia ambientale, come per tutti gli altri funghi.
- In primo luogo è opportuno diffondere la conoscenza del ciclo di vita dei tartufi, allo scopo di ridurre al massimo o di eliminare del tutto la pratica di andare alla ricerca scavando indiscriminatamente qua e là nei boschi con vanghetti, col rischio altissimo di tagliare e rovinare il micelio. I ricercatori devono essere preventivamente istruiti mediante appositi corsi, sottoposti ad esame di idoneità, successivamente abilitati alla raccolta mediante apposito tesserino e sistematicamente controllati nella loro avttività. Le leggi relative sono da tempo disponibili e devono essere osservate e verificate nella loro pratica  applicazione.
- Per quanto riguarda la possibilità di incrementare la produzione delle tartufaie esistenti o di crearne per il futuro di nuove, in luoghi potenzialmente risultati adatti dopo seri studi del terreno e degli altri fattori ambientali, dal punto di vista scientifico-micologico è opportuno tenere presente che non è possibile parlare di vera e propria coltivazione artificiale per questi funghi ipogei, in quanto sono simbionti di alberi, come sopra esposto, ma che dovrebbero risultare comunque utili, anche se non sicure al cento per cento, tutte quelle tecniche atte al miglioramento della produzione dei frutti, soprattutto se applicate alle tartufaie già esistenti.

Come riconoscerli

- Come per tutti gli altri esseri viventi è necessario conoscere tutti i caratteri botanici-micologici delle varie specie, e sorattutto quell’insieme di differenze e di somiglianze con le altre specie simili che permette di distinguere in modo peculiare una specie dall’altra. Tali caratteri sono di tipo macroscopico: l’odore, il colore, il tipo di ornamentazione della superficie (glabra, verrucosa, granulosa, ecc.), la struttura della carne osservata in sezione, ecc.; e anche e soprattutto di tipo microscopico, con dimensioni dell’ordine di alcuni o di decine di micron, cioè di millesimi di millimetro: la struttura del peridio, la forma degli aschi e delle spore, le dimensioni e il tipo di ornamentazione della superficie sporale (molto importanti perché relativi agli organi della riproduzione), la forma e il numero delle maglie del reticolo, ecc.
- In generale:
- la forma dei tartufi è generalmente globosa, a volte più o meno lobata-bitorzoluta.
- la superficie dei tartufi neri mostra sempre delle evidenti verruche più o meno grossolane, mentre quella dei tartufi bianchi è glabra.
- la carne, chiamata gleba, è compatta, non divisa da cavità consistenti, e mostra sempre nella sezione una struttura marmorizzata del tutto peculiare, che permettere di distinguere tali funghi da altre specie simili.
- gli odori sono più o meno forti e somiglianti tra loro.
- gli aschi sono sempre globosi e peduncolati, a forma di fiasco.
- le spore sono tondeggianti o ellissoidali, aculeate-spinose oppure reticolate.

 

 

 

Presentazione delle varie specie commerciali, mediante diapositive

- La legge prevede attulamente 9 specie: sette di tartufi neri e 2 di tartufi bianchi; ma in realtà le specie dei neri  differenziabili in base ai caratteri scientifici-micologici sono soltanto 5, con 2 forme commerciali difficilmente distinguibili.
- Utilizziamo anche diapositive di altri funghi ipogei, poco diversi o del tutto simili ai tartufi, allo scopo di evidenziare i caratteri differenziali di questi ultimi, rammantando che il numero delle specie ipogee finora osservate in Italia supera abbondantemente le 150.

- ciclo di vita, disegno di E. Rebaudengo………………………………………………………1
- tartufi neri
       verruche di ELA-GRAN, colore blu-nerastro di CHA-CAES, carpofori non globosi
        di GEN-FRAG, gleba non piena di GEN-LESP, gleba polverosa di ELA-MURI,
        gleba marmorizzata ma con giallo di PAC-MELA, superficie rossastra e non
        nera di TUB-RUFU….………………….………7                                                         
        TUB-AEST - 2, TUB-MESE, TUB-MACR, spore reticolatre – 2, TUB-BRUM,
        TUB-MELA – 2, spore aculeate……………………………………………..……….…10 
-tartufi bianchi
       superficie liscia e/o paglierina di RHI-VULG, HYM-RHES, LEU-NUDU, colore rosa di
       HYD-CARN,  colore marrone di MEL-VARI, gleba non piena di HYD-TULA, quasi
       marmorizzta di TER-CLAV, marmorizzata ma con superficie rossastra di TUB-RUFU….....8
        TUB-BORC, spore reticolate, marce di TUB-MAGN, TUB-MAGN, ………………….....4

  • cani al ricevimento del premio……………………………..…………………………..…...1

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